Un’apologia di Mina: dall’inarrivabile melodiosità tecnica all’ ”attiva inattività”

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L’inattività apparente di Mina – quella che quando annunciata sconvolse i panorami e i palinsesti italiani dello spettacolo nel lontano 1978 – non ha mai adombrato la sua pura e sentita attività musicale. Difatti, nonostante l’addio e il ritiro dalle scene, il sodalizio con la Musica non ha mai abbandonato colei che detiene il titolo di “regina della canzone italiana”. L’”attiva inattività” è stata costellata da progressive pubblicazioni in studio, album sempre al passo con i tempi, con la prosecuzione stilistica e tecnica dei generi musicali attinti con costante curiosità, e con le antenne sempre sull’attenti nell’osservare le voci e le penne che si affacciavano a mano a mano nel marasma radiofonico e discografico: è risaputo che i suoi esordi negli anni ’50, a ridosso degli anni ’60 e delle sue partecipazioni al festival di Sanremo, la determinarono come promessa canora, tra le ugole più melodiose e dotate, capace di conferire ai brani – canzoni tipicamente popolari, leggere – una sferzata emozionale travolgente. Si prenda l’esempio de Le mille bolle blu, brano classificatosi al quinto posto nel Sanremo 1961 (seconda, dopo il 1960, e ultima partecipazione della cantante alla kermesse), è il classico caso di canzonetta di facile ascolto, trasognata e fortemente divertente nella sua leggerezza musicale: si ricordano di questa stessa impronta, tra le altre, anche le celeberrime Una zebra a pois e Tintarella di luna (1960). Da affiancare a questi pezzi anche canzoni strutturalmente più complesse, perle autoriali di impegnata necessità interpretativa; basti pensare a Il cielo in una stanza (di Gino Paoli), La voce del silenzio (composta da Mogol e Paolo Limiti), La musica è finita (scritta da Califano e Bindi), a cui vanno aggiunti brani di Sergio Endrigo, Luigi Tenco, Lucio Battisti e altri ancora; di quest’ultimo è anche fondamentale ricordare il sodalizio, confluito nell’album MinaCantaLucio del 1975: i testi di Mogol e le musiche all’avanguardia di Battisti divennero parte integrante del repertorio di Mina, con grande complicità nelle esibizioni. Cosa accomunavano queste diverse famiglie di canzoni in una sola cantante? Senz’altro la riconosciuta abilità canora della “tigre di Cremona” (questo il soprannome), quella melodiosità tecnica con un’estensione fuori dal comune ed una precisissima intonazione. Divertente è l’auto-riconoscimento testimoniato dalla canzone Brava, contenuta nell’album Studio Uno del 1961:

“Brava, brava, sono tanto brava, brava/ Sono tanto brava, sono brava, sono tanto brava/ Faccio quasi tutto con la voce, sembro un usignolo sì/ Forse, forse qualche nota non è proprio giusta, giusta/ Ma però io sono certa che così nessuno sa cantar/ Sono come un uccellin/ Senti il trillo, senti il trillo/ State un po’ a sentir queste note così basse che so fare/ Poi vado su, vado su, vado su […] Su, su, su, come due note che volano nel cielo/ E tutti sanno/ che ho tanto di quel fiato/ Che neppure una balena può resistere sott’acqua/ Stando senza respirare tutto il tempo che io tengo questo mi”.

Scritto dal compositore Bruno Canfora, il pezzo non è altro che l’esemplificazione, ironica e autoironica, della bravura incontrastata della cantante, in grado di modulare la voce dalle note più alte (come un uccellin) a quelle più basse (che neppure una balena). È proprio questa qualità che le permette di convogliare e spostarsi con così tanta facilità dai brani più leggeri (vocalmente per nulla semplici) a quelli più impegnati. La tecnica vocale non è un demerito interpretativo; anzi, nel caso di Mina la vigoria vocale è proprio l’interpretatività stessa, la quale conferisce profondità alle sue performance. Rompendo la barriera pedestre tra Forma e Contenuto, si può comprendere quanto le stesse non siano separate, ma coinvolte entrambe nella strutturazione di un prodotto artistico. Mina parte dalle note più basse procedendo in una dinamica ascendente che esplode nel ritornello, stabilizzandosi sulle scale più alte, esibendosi in svisate e giochi armonici di grande impatto.

Dal ’78 in poi Mina si rinchiude come in una torre d’avorio; si erge a simbolo, inconsapevolmente, di una categoria di canto, di interpretazione e di musica ben precisa; quasi ipostatizzatasi, continua a fare musica da remoto, senza presentarsi in pubblico e senza essere ricomparsa più in televisione. In studio, tuttavia, diventa manager di se stessa, decidendo cosa e come cantare, a chi affidarsi “autorialmente” e “compositivamente”, da chi farsi scrivere le canzoni e di quali brani fare delle cover. Nel, così definito, ipostatizzarsi si cela in Mina anche uno spirito che, sarcasticamente, gioca con la propria immagine al compimento di una propria simbolizzazione estetica. Nella fattispecie, gli album susseguitisi negli anni, fino ai più recenti, programmano il volto della cantante a mo’ di caricatura, accostandola e sovrascrivendola a stili artistici precisi e disparati: dall’immagine della Monna Lisa (Olio, 1999) allo stile “rotondo” di Botero (Caterpillar Vol. 1 & 2, 1991), dallo stile fumettistico dei Topolino (Mina/Celentano, 1998) all’arte classicistica che la ritrae su un busto muscoloso (Rane supreme, 1987).   

Nella sua carriera ha spaziato ed esplorato i più ampi campi tematici che la forma canzone potesse toccare; oltre i già ricordati brani cantautorali e leggeri, Mina ha interpretato: canzoni di un dolce romanticismo (Mi sei scoppiato dentro il cuore, Volami nel cuore, Amor Mio ecc.); ha cantato la sensualità a tratti erotica (L’importante è finire, Ancora, ancora, ancora, entrambi firmati da Cristiano Malgioglio); canzoni che richiedono l’esperienza di una vita vissuta e maturata (Fai la tua vita, Un anno d’amore, E se domani). Da evitare, tuttavia, una statizzazione unilaterale dei contenuti musicali, che il più delle volte si contaminano tra di loro nella strutturazione testuale. Non limitatasi ad un repertorio solamente italiano, in più, la cantante si è affacciata anche a canzoni internazionali – come quelle americane a cui ha dedicato l’album 12 American Song Book del 2012 – anche misurandosi con capolavori della musica pop, come Billie Jean di Micheal Jackson o i brani impegnati dei Beatles. Tra gli innumerevoli parolieri e artisti con cui sono nate floride collaborazioni impossibile non citare Ivano Fossati, con cui ha peraltro pubblicato un album nel 2019 (Mina Fossati), o ancora Adriano Celentano e lo stesso Mogol; da ricordare anche la, ormai diventata iconica, Se telefonando, che unisce, rispettivamente, testo e musica dell’improbabile duo Maurizio Costanzo e Ennio Morricone. L’elenco sarebbe ben più lungo, vista anche l’enormità della discografia di Mina e le sue oltre 1500 canzoni interpretate; molte delle quali, tra l’altro, cover che hanno riscosso, perdipiù, maggiore consenso dal pubblico rispetto alle versioni originali. Si fa il nome, a tal proposito, di Oggi sono io di Alex Britti, calzata magnificamente dalla cantante, la quale conferisce un taglio personale e accattivante, fatto soprattutto di virtuosismi canori. Insomma, Mina, in questa canzone in particolare e in ogni sua esibizione in generale, si discosta sempre dall’originale interpretazione, infondendone uno spirito virtuosisticamente personale. Nel 2020 sono stati pubblicati, su questa scia, due compilation di alcune tra le sue cover più riuscite – Cassiopea e Orione – in cui si è confrontata con pietre miliari del panorama musicale italiano, con una commistione di divertimento, sentimento e cuore: se ne segnalano, Io domani di Marcella Bella, Ricominciamo di Adriano Pappalardo, Fortissimo di Rita Pavone e Oro di Mango “mashuppato” con La canzone del sole di Battisti.

Si è fatto cenno alla grande vivisezione che Mina compie, al passo coi tempi, nel calibrare con chi collaborare. Ha fatto breccia, ad esempio, la collaborazione col fenomeno di streaming Blanco, che ha superato gli 80 milioni di ascolti – su spotify – con Un briciolo di allegria. Alla soglia degli 84 anni, Mina si ripresenta il 22 novembre con un nuovo album di inediti dal titolo “Gassa d’Amante”: da apripista è stato posto il brano Buttalo via – canzone pubblicata il primo novembre di quest’anno, scritta interamente da Francesco Gabbani, che riprende stilemi armonico-musicali tipici degli anni ’80, come l’assolo della chitarra elettrica nel bridge – con la quale continua a dare prova di un controllo vocale ineccepibile. Mina continua non solo quindi nell’incessante inattività attiva, ma soprattutto nell’infrenabile richiamo della Musica per la quale rimbomberanno, armoniosamente e dirompentemente, sempre la sua voce e la sua anima.

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