Francesco d’Assisi: dalla poesia alla musica, dalla musica alla poesia.

Tempo di lettura: 4 minuti

Difficile tracciare in poche righe una panoramica della figura di Francesco d’Assisi. Ancor più difficile è condensarne la grande rilevanza umana, poetica, e spirituale.

La critica e i manuali di letteratura lo annoverano come “iniziatore” della letteratura italiana; o meglio, come uno dei primissimi autori di testi in volgare. Il suo “Cantico di Frate Sole”, composto nel 1224, è considerata la prima lirica di una tradizione pienamente duecentesca – commistione di liriche d’amore e poesia religiosa – di cui è perfetta sintesi.

Tanto difficile elencarne le categorie filologiche, letterarie e metriche, quanto facile marcarne l’incanto, stimolato dalla meraviglia del senso di gratitudine, del rapporto d’amore e di stupore di fronte al Creato espresso nel testo.

Quello che maggiormente si vuole sottolineare non è l’indiscutibile risonanza che questa figura ha destato, quanto l’infrenata propedeuticità che continua ad esistere oggi come ieri. Non si parla solo del contesto religioso, scontatamente centrale nella ripresa del santo, quanto della ricezione laica che si manifesta in poesia come in musica.

“Cantico di frate Sole” è riarrangiato nella versione del musicista Riz Ortolani, “Fratello sole sorella luna (Dolce è sentire)”[1] , le cui più memorabili interpretazioni sono detenute da Andrea Bocelli e da Claudio Baglioni. Le due impostazioni vocali (tra le più stimabili sul piano tecnico) e interpretative, riescono a conferire al brano, pur in due assetti musicali differenti – definibili rispettivamente, in linea di massima, lirica e leggera – una melodiosità armonica di alto profilo. Le voci sposano alle note un senso di immissione testuale sentito e profondo.

Impossibile riassumerne, per iscritto, una papabile emozionalità riaffiorante da un ascolto contemplativo. A tal proposito, si lasciano di seguito le due versioni.

Bocelli: https://youtu.be/gZVX1Z0kqtc?si=MAXJWn_BwKCn-RZk

Baglioni: https://youtu.be/MYiK_I3pIxc?si=SpGQ5RoathQl7opo

Stupisce proprio come spunti, in repertori ben delineati come quelli dei due cantanti, un brano di contestualizzazione così particolare – quella religiosa – non scontata, in un certo interfacciarsi culturale odierno, in cui la religione non mantiene quella potenza che le era propria decenni fa.

In una attenzione filologica maggiormente meticolosa si posiziona il lavoro del cantautore Angelo Branduardi, “L’infinitamente piccolo”. Si tratta di un concept album, pubblicato nel 2007, commissionato da alcuni frati francescani del convento di Assisi. Il menestrello della musica (così è definito), caratterizzato da uno stile definibile “parabolistico” – cioè comunicante per parabole, storie e favole esemplari – ha musicato la storia di San Francesco, consultando direttamente le fonti francescane e adattandole in musica. Ha ripercorso tappe specifiche della vita del santo, riassunte dalle tracce dell’album, di cui se ne accennano alcune: “Il cantico delle creature”, “Il sultano di Babilonia e la prostituta” ft. Franco Battiato[2], “Il lupo di Gubbio”, “Nelle paludi di Venezia Francesco si fermò a pregare e tutto tacque”, fino alla conclusiva “La morte di Francesco”. Spunta persino il brano “Divina commedia: Paradiso, canto XI”, tratto dall’opera di Dante Alighieri, conferma dell’alto scandaglio operato da Branduardi. Anche in questo caso, come nei due precedenti, si lascia l’approfondimento all’ascolto[3].

Colpisce fortemente che la poesia di Francesco d’Assisi venga ripresa, riadattata e cantata sia in contesti ecclesiastici sia in cover di illustri nomi della musica contemporanea, evidenziando una contaminazione di queste due dimensioni (“sacro-profano”) che permette loro di interscambiarsi.

Le ragioni sono, perlopiù, da ricercarsi nel testo “Cantico di Frate Sole”, e nella pregnanza che lo contraddistingue. Se ne offrirà una veloce tracciatura, per la cui fruizione si consiglia, più che il testo originale in volgare, che può rivelarsi ostico alla parafrasi, la versione succitata di Branduardi “Il cantico delle creature”, di accessibile e godibile adattamento.

Il senso di gratitudine, poc’anzi accennato, è il “sentimento” che anima il “sentire” comunitario dei fedeli, di coloro che si “sentono” di lodare Dio, nel suo essere “Altissimo”, “Onnipotente” e innominabile. Ma la struttura stessa della realtà, radicata nella concezione mistica medievale, espande la lode alle creature stesse, non solo considerate in sé e per sé, ma anche in relazione e in virtù dell’uomo. Ciò è evidenziabile dallo stesso titolo, in cui il Sole (frequente simbolo di Dio, o del neoplatonico Uno), è menzionato come frate. O ancora “sor’aqua”, “frate foco”, “sora luna” e “madre terra”, parti del Creato, la cui valorizzazione è inquadrata nel filtro umano, che ne gode delle intrinseche bellezza, preziosità e sostentamento. Emerge persino una lode alla morte corporale (si riporta il passo, rispettivamente, dalla poesia di Francesco d’Assisi e dalla canzone di Branduardi):

1) “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali. Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male”

2) “Si’ laudato, Mio Signore/ Per la Morte Corporale/ Chè da lei nessun che vive può scappare/ E beati saran quelli/ Nella Tua volontà/ Che Sorella Morte non gli farà male”                    

La morte qui non è vista come una conclusione della vita, ma come passaggio fondamentale – coerente con la concezione escatologica cristiana – per chi trova speranza nella fede, e quindi nella Volontà di Dio (“che sorella morte non gli farà male”). L’immagine che ne risulta è quasi un abbraccio meditativo di San Francesco alla Sorella morte, magistralmente rappresentata da Caravaggio in “San Francesco in meditazione”.

A seguito di tale itinerario, si rimarca quanto la componente della centralità dell’uomo nel Creato, novità della concezione francescana definita dal critico Leo Spitzer “antropocentrismo”, sia elemento di notevole influenza nel Duecento, e in generale nella storia del pensiero e della cultura. Ne sottolinea la portata concettuale e filosofica il filosofo Ernst Cassirer:

“In Francesco d’Assisi si ridesta quel nuovo ideale cristiano di vita che rompe e supera la separazione dogmaticamente irrigidita tra natura e spirito. Poiché il sentimento mistico si rivolge alla totalità dell’esistenza […] L’amore non è rivolto più solo a Dio, come alla sorgente ed all’origine trascendente dell’essere […] Esso va a tutte le creature in quanto tali […] fuse dall’ardore dell’amore mistico in tutto con l’uomo e con Dio”[4]

In conclusione, si è voluto ripercorrere la figura di Francesco d’Assisi, nella circolarità che va dalla poesia fino alla musica (contemporanea e non) e ritorno. Si erge non solo per lo spessore reboante in campo letterario, linguistico, mistico, artistico e filosofico, ma soprattutto per la grande rilevanza umana.


[1] Colonna sonora dell’omonimo film del regista Franco Zeffirelli, vincitore del David di Donatello 1972.

[2] Narrazione del seguitamento della V crociata di San Francesco, il quale giunse presso il sultano di Babilonia. Branduardi ne racconta le sfaccettature della canzone, storiche e creative, nel seguente video, durante un concerto live. https://youtu.be/5wsKfPbjikI?si=VYBAJwTSXqa1E9f2

[3] Link: https://youtube.com/playlist?list=PLC9920EF94A97AB60&si=UeDiYSJUVnJnCegn

[4] Dal saggio “Cusano e l’Italia”, raccolto in “Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento”, 1927

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