I modelli attuali di insegnamento (i modelli contestualista, culturalista e costruttivista) divergono dai modelli tradizionali (comportamentista, cognitivista e metariflessivo) per una serie di aspetti.
Primo tra tutti, i modelli attuali tendono a dare maggior rilevo al soggetto che apprende: la relazione tra studente e insegnante diviene quasi simmetrica, laddove nei modelli tradizionali il rapporto è completamente asimmetrico, dal momento che il processo di insegnamento viene considerato in termini di trasmissione di conoscenze da chi ne sa di più a chi ne sa di meno. Nei modelli attuali, invece, la conoscenza non è più trasmessa dal docente e ricevuta passivamente dallo studente, ma si configura come co-costruita, negoziata all’interno di una comunità di apprendimento, dove ciascuno è libero di esprimere il proprio punto di vista.
La figura dell’insegnante diviene quella di un mediatore, di un facilitatore della conoscenza, deve favorire la partecipazione di tutti; pertanto, la differenza tra studente e insegnante si esprime ora in termini di chi si presenta come facilitatore e organizzatore della conoscenza e di chi prende parte a questa condivisione, apportando il proprio personale punto di vista. Alla luce di questo cambiamento, ci saranno delle modifiche anche per i criteri valutativi: non verrà valutata la quantità di informazioni assimilata da uno studente, ma la sua capacità di esprimere il proprio punto di vista e di sapersi relazionare agli altri. Anche il modello metariflessivo, nonostante venga classificato convenzionalmente tra i modelli tradizionali, prende in considerazione un aspetto che va oltre la mera acquisizione passiva delle informazioni: viene valutata la capacità di gestione delle strategie di apprendimento di uno studente. Tuttavia, nel modello metariflessivo prevale ancora l’asimmetria tra lo studente e il docente e per questo lo classifichiamo tra i modelli tradizionali.
Un’altra differenza tra i modelli tradizionali e quelli attuali consiste nell’approccio allo studio della mente. Nei tradizionali, il modello comportamentista considera la mente una black box, dunque è inaccessibile, ciò che va studiato sono i comportamenti; il modello cognitivista considera ancora la mente come una scatola, ma non è completamente chiusa, diviene anzi oggetto d’indagine, trasparente; il modello metariflessivo tiene conto dell’elemento della riflessione. Il vero cambiamento si avrà con i modelli attuali, che studiano la mente “in vivo” (e non più “in vitro”), la mente cioè viene studiata alla luce delle sue componenti dinamiche che si legano all’ambiente. La mente è considerata come incorporata, non è più scissa dal corpo, viene superato il dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa. La mente è ora intesa come situata, distribuita e incorporata e, di riflesso, anche la conoscenza possiede queste caratteristiche.
I modelli sperimentali, infine, ereditano le scoperte condotte in ambito neuroscientifico. A tal proposito già i modelli post-cognitivisti rimproverano ai modelli precedenti l’idea secondo cui la conoscenza possa avvenire in un modo astratto e decontestualizzato: infatti, la conoscenza diviene ora incorporata, situata (contestualizzata) e distribuita. Gli sperimentali, in forza di queste innovazioni che i modelli attuali hanno apportato, proseguiranno accentuando l’incorporazione della conoscenza. L’avanzamento delle ricerche neurologiche e fisiologiche, cioè, ha fatto rivalutare il ruolo del corpo in ambito didattico, come ad esempio quello organismico, che considera lo studente nella dimensione olistica, o ancora l’arricchito che considera i processi cerebrali.