Risulta fondamentale, per la progettazione di un ambiente di apprendimento nelle nuove avanguardie pedagogiche, partire dalle innovazioni che i modelli sperimentali hanno apportato. Infatti, in seno all’avanzamento delle ricerche bioneurofisiologiche, prende vita l’area di ricerca delle scienze bioeducative, con il contributo cruciale della prof.ssa. Elisa Frauenfelder. Sulla base di ciò, anche il fondamentale passaggio dei modelli attuali – come quello culturalista e la considerazione dei congegni periferici – è stato fondativo affinché il digital learning potesse prendere vita. Da questo percorso che la pedagogia ha attraversato, è impossibile non valutare per un ambiente digitale la considerazione della conoscenza come distribuita, situata e incorporata. Infatti, l’ambiente d’apprendimento mobile deve avere delle caratteristiche che garantiscano equità ai discenti, i quali possono interagire con materiali open source, cioè aperti a tutti, ma soprattutto facilmente accessibili da tutti. In più, non può fare a meno di considerare l’importanza della co-costruzione (di origine postcognitivista) che si fonda su una certa flessibilità e una certa interattività. L’utilizzo quindi di strumenti multimediali e multimodali consentono proprio la formazione di skills (hard o soft) fondamentali nell’approccio intersoggettivo tra i discenti nella “situatività” digitale. Ma al tempo stesso bisogna considerare un ambiente che sia personalizzato, cioè che garantisca una certa autonomia, una certa autoregolazione (self paced). L’insegnante diventa un facilitatore, un co-learner, il cui approccio quasi “on demand” diventa un riferimento centrale. Affinché tutto ciò sia possibile è necessario, nella progettazione, l’apporto di strumenti tecnologici che predispongano anche delle agevolazioni ai discenti con disturbi dell’apprendimento (come la dislessia e la discalculia) che con specifici programmi, come quello text to speach, e gli assistenti vocali possono essere inclusi nell’ambiente. È fondamentale, tra i vari strumenti multimodali, anche la stimolazione delle percezioni, anche quelle più elementari (conquista del modello arricchito) che apportino una maggiore disponibilità all’apprendimento. Per esempio, l’utilizzo delle immagini o dei colori, ma anche e soprattutto al fondamentale contributo della stereofonia, cioè dell’immersività sonora spazializzata che, con l’ausilio di buoni apparecchi biaricolari, concede la creazione di paesaggi sonori ben delineati. In relazione alla immersività fondamentale è anche la creazione di ambienti 3D, cioè con simulatori della realtà aumentata, con strumenti come i visori, che portano il discente in una “situatività” virtuale in cui si immergono. Da non sottovalutare, quindi, l’implementazione ludica (in riferimento alla risanatura didattica della spaccatura tra formale e informale) che approccia avanguardistiche stimolazioni pedagogiche grazie anche all’uso dei videogiochi (basti pensare solo a Minecraft, che è stato al centro di studi pedagogici, come rilevato anche dai MOOC). I Mooc (Massive online open courses) sono esempi di un ambiente mobile efficace, la cui grande implementazione è quella dell’”adattività”. In forza del modello adattivo, la capacità filoevoluzionistica ed epigenetica all’adattamento è stata fortemente analizzata dai modelli sperimentali. In particolare, la progettazione di ambienti “sfidanti”, che abbiano elementi “a sorpresa” permette – se bene amalgamato con la predisposizione di ogni singolo studente – uno stimolante “ostacolo” per superare il quale devono usare tutti i mezzi a loro disposizione, nell’accoppiamento strutturale con l’ambiente. Insomma, l’insegnamento oggi non può fare a meno di tutte queste novità: si pensi, ad esempio, a quanto fondamentali (e diffusi) siano gli strumenti tecnologici come gli smartphone, ma anche alla diffusione delle lim nelle scuole, ormai ineluttabili nella contestualizzazione di una classe.
Il digital learning come imprescindibile avanguardia pedagogica
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