Socrate, nella sezione 318-c del Protagora, dialogo platonico, al seguito della spiegazione di Protagora riguardo all’insegnamento che potrà dare ad Ippocrate, chiede al sofista di esplicare su cosa (ti estì) progredirà l’allievo. La risposta verte sulle questioni private e pubbliche, quindi l’arte politica che mira a creare buoni cittadini. Questo lascia dubbioso Socrate, il quale afferma di non credere che ciò si possa insegnare: per il filosofo infatti, gli Ateniesi, che sono sapienti, per la costruzione di un edificio o cose simili chiamano degli specialisti, e così per tutte le cose insegnabili, e se qualcuno non esperto osa dare consigli viene fischiato e bloccato. Quando gli Ateniesi si occupano di amministrazione della città, al contrario, chiedono consigli indistintamente dalla preparazione o dalla condizione sociale, chiaro segno che per essi l’amministrazione politica non è insegnabile, come invece sono insegnabili le arti, anche perché i più della città (cita Pericle, governatore di Atene) non sono necessariamente in grado di passare ai giovani questa capacità, ma devono sperare che essi incontrino personalmente la virtù.
La virtù è insegnabile? Dissertazioni teoretiche tra Socrate e Protagora nel “Protagora” di Platone.
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