Cosa può guidare, ancora oggi, un popolo a continuare a praticare tradizioni estremamente violente e pericolose? Eppure, l’OMS stima che, nel 2023, 4,4 milioni di ragazze sono a rischio di Mutilazioni Genitali Femminili. Secondo le ultime stime dell’UNFPA si prevede che i numeri saliranno a 4,6 milioni entro il 2030, numeri in rialzo a causa dai continui conflitti, della crescente povertà e della mancanza di istruzione adeguata.
Le MGF (mutilazioni genitali femminili) sono un fenomeno che include l’incisione o l’esportazione – parziale o totale – dei genitali femminili esterni o, in alcuni casi, con l’escissione del clitoride o la pratica di “sunat perempuan” ossia la circoncisione femminile. Il sunat perempuan, ad esempio, è una pratica di origine musulmana diffusa in alcune micro-comunità malesiane ed indonesiane (come l’isola di Sumutra e Sulawesi) e che continua ad essere praticata illegalmente nonostante il governo indonesiano nel 2006 impose una legge contro le MGF.
Nel mondo, il numero di donne che convivono con la MGF va oltre il milione. I paesi in cui si registrano le percentuali più alte di questo fenomeno sono di origine africana, con un picco di quasi il 90% della popolazione, ma parliamo anche di Asia, Europa, Australia, Canada e Stati Uniti; nello stesso occidente, la MGF è praticata fra gli immigrati, episodi che avvengono illegalmente e che quindi sono difficili da censire statisticamente.
Si censisce che l’età media in cui viene praticata la MGF è dai 4 ai 14 anni, anche se in alcuni casi esistono episodi su bambine più piccole. Le bambine sottoposte a tale intervento vanno spesso incontro a uno shock emorragico, o a quello neurologico, per non parlare delle infezioni che sono all’ordine del giorno. Esistono, inoltre, gravi conseguenze a lungo termine, come la formazione di tessuto cicatriziale in eccesso, infezioni ed ostruzioni croniche del tratto urinario, forti dolori mestruali e maggiore vulnerabilità a contrarre malattie come HIV/AIDS. Un’altra grave conseguenza è senza dubbio l’alto tasso di mortalità durante il travaglio.
Per poter comprendere a pieno perché questa pratica è ancora così in uso bisognerebbe avere chiaro il contesto culturale e antropologico di provenienza.
Questa prassi è radicata nelle disuguaglianze di genere e di classe. Nella maggior parte dei paesi monitorati, si è notato che in alcune zone la pratica è confinata all’interno di particolari gruppi sociali situati soprattutto in zone rurali in cui il livello di istruzione è estremamente basso; al contrario, alcune zone dimostrano che, nei paesi dove queste pratiche sono diffuse su larga scala, il grado di istruzione di una ragazza o l’istruzione familiare abbiano un’influenza relativa sulla possibilità che essa subisca MGF.
La paura di essere respinti dalla comunità e il rischio di essere emarginati è alto per chi non si sottopone a tale tradizione. La società che pratica la MGF considera spesso questo processo necessario per far crescere una ragazza preparandola all’età adulta includendo il controllo sulla sua sessualità. Si suppone che questa pratica sia applicata per mantenere la purezza sessuale attraverso la verginità prima del matrimonio, credendo che la pratica riduca il desiderio sessuale e che quindi aiuti la fedeltà coniugale. In alcuni casi, come in alcune tribù dell’Africa subsahariana, le MGF sono considerate un rito di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta per preparare le ragazze alla maternità; in altri paesi come in Etiopia, in Sudan e molti altri paesi limitrofi si ritiene che la rimozione o l’alterazione degli organi genitali riduca il rischio di infezioni e cattivi odori.
Nonostante ci siano documenti prodromi come la Carta africana sui diritti e il benessere del bambino – adottata nel 1990 ed entrata in vigore nel 1999 – ed il Protocollo di Maputo – adottato sempre dalla carta africana nel 2003 – in cui si si trova esplicitamente nell’art.5 la condanna formale a tutte le pratiche tradizionali lesive dell’integrità fisica e psichica della donna, la MGF è ancora troppo spesso sottovalutata.
Nel 2003 con la Conferenza del Cairo, i governi e le organizzazioni internazionali e nazionali hanno iniziato a chiedere agli stati massimo impegno per promuovere i giusti strumenti legislativi finalizzati all’investimento nell’educazione culturale e all’informazione, sottolineando come queste pratiche violino la dignità delle donne e dei diritti fondamentali riconosciuti dai Trattati internazionali. Nel 2008 l’OMS (World Health Assembly), insieme ad altri 9 partners delle Nazioni Unite, ha pubblicato un nuovo rapporto in favore dell’abbandono delle MGF approvando la risoluzione WHA61.16 sottolineando nuovamente la necessità di un’azione su più fronti: sanità, istruzione, finanza, giustizia e affari femminili.
Nel 2010, infine, furono pubblicate delle linee di indirizzo globale sanitario sulla prevenzione e sulla cura delle MGF per gli operatori sanitari, implementando risorse a livello locale e dedicando il 6 febbraio alla giornata internazionale di tolleranza zero nei confronti delle MGF.
Fonti
- https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/female-genital-mutilation
- https://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/823
- https://www.actionaid.it/informati/notizie/fgm-stop-alle-mutilazioni-genitali-femminili
- https://www.unicef.it/media/quest-anno-4-3-milioni-di-ragazze-sono-a-rischio-di-mutilazioni-genitali-femminili/