Giugno – come ogni anno – porta con sé, insieme all’estate, celebrazioni in tutto il mondo in onore dell’orgoglio LGBTQIA+ (sciogliendo l’acronimo, orgoglio Lesbico Gay Bisex Trans Queer Intersex Asex + ogni altra identificazione sessuale o di genere).
Celebrare significa in particolare festeggiare la possibilità di esprimere la propria identità, e ciò è tanto più importante quanto ancora esistono luoghi e persone nel mondo per cui questo diritto è negato. Celebrare significa anche portare sulle strade decenni e decenni di lotte per il riconoscimento, consolidando nei cortei dei Gay Pride e nei loro colori tutte le conquiste che sono state ottenute e quelle ancora da ottenere. Conquiste ottenute a caro prezzo, talvolta, ma che sono riuscite ad attecchire anche per un cambiamento radicale nei pattern sociali che lentamente si sono sciolti verso qualcosa di nuovo, più aperto, dapprima tollerante, poi attivamente includente.
E, in questa modifica, il cinema era lì a testimoniare e contribuire. Il cinema e la società vanno di pari passo, camminano insieme e si esplorano, si leggono a vicenda. Dal secolo scorso, il cinema è stato uno dei veicoli principali della rappresentazione LGBTQIA+.
Ci sono stati film che hanno sottolineato gli aspetti drammatici o gli aspetti euforici della presa di coscienza della propria identità sessuale o di genere. Ci sono stati film che hanno fissato su pellicola storie vere o ne hanno costruite di nuove. Film in cui la rappresentazione LGBTQIA+ è al centro delle vicende, altre in cui è a lato.
C’è Almodóvar che racconta di amore, di solidarietà e di cambiamento, in film dai colori caldi e pieni come la sua Spagna, in cui si muovono personaggi fragili e decisi e autoironici come la Agrado di Tutto Su Mia Madre. Ci sono racconti di storie che durano una vita intera, che restano immutabili mentre le epoche si sgretolano, mentre nazioni come la Cina passano dall’età imperiale all’occupazione giapponese alla rivoluzione culturale, cambiando vite e dinamiche di personaggi come Dieyi e Xiaoulou e Juxian in Addio Mia Concubina. E ci sono storie che si realizzano sullo sfondo, inaspettatamente, come quella di Giulia e Anna ne Il conformista, di Bertolucci. C’è gente che lotta (Elisa y Marcela) e c’è gente che si arrende (M. Butterfly). Ci sono affetti che cambiano (My Own Private Idaho) e altri che si sigillano (Thelma & Louise). Ci sono famiglie (Il Vizietto, terribile traduzione del titolo La Cage Aux Folles di Molinaro) e famiglie (Mine Vaganti). Ci sono amori che nascono sullo sfondo di un’accademia di danza georgiana (And then we danced, di Akin) o su un’isola misteriosa, rarefatta, dove l’attrazione si fonde con l’identificazione (come in Persona, di Bergman).
C’è la rappresentazione della transessualità come percorso (The Danish Girl, di Hopper) o in tutta la naturalezza di ciò che non può essere altrimenti (e trovo splendida qui la profondità del personaggio di Hana in Tokyo Godfathers di Satoshi Kon) o ancora come qualcosa che è nel mezzo, nella forma di transvestitismo e fluidità di genere (cito qui un capolavoro giapponese del ’69, Il funerale delle rose, insieme al già menzionato M. Butterfly che è forse il film – tra quelli di Cronenberg – che contiene la sua più struggente riflessione sulla femminilità).
Ci sono uomini, ci sono donne, ci sono persone che amano persone o che non amano affatto (la considerazione cinematografica sull’asessualità è ancora nuova, ma vi do il nome di un piccolo gioiello asiatico dai toni gentili, Sobakasu o I am what I am, di Shinya Tamada), o che amano al di fuori di qualunque schema o standard, diagonalmente, queerly (The Dreames).
Ci sono amicizie salde, forti, rassicuranti o anche malandate ma comunque accoglienti, di cui una delle più belle raffigurazioni viene offerta da Ettore Scola nel suo Una giornata particolare.
C’è un’umanità intera, dietro lo schermo di un cinema. Una umanità che viene rappresentata per quella che è, per ciò che contiene: e un’umanità che, LGBTQIA+ o no, è solo e semplicemente umanità.
Ecco dunque, scelti per voi, 19 splendidi film che raccontano l’amore e l’identità, in qualunque loro forma.