La Venere di Botticelli e la Venere di Daniela Santanché a confronto

Tempo di lettura: 4 minuti

La Venere di Botticelli

Quando nel 1485 Sandro Botticelli realizzò la Nascita di Venere probabilmente tutto si aspettava tranne che la dea da lui raffigurata sarebbe stata mutilata a fini politici quasi seicento anni dopo.

La tempera su tela situata oggi alla Galleria degli Uffizi è uno dei maggiori simboli del Rinascimento italiano: in centro, in piedi sopra la valva di una conchiglia, si erge Venere che copre la propria nudità con i lunghi capelli biondi mentre viene accompagnata sulla terra ferma dal soffio del vento Zefiro. La dea dell’amore e della bellezza viene accolta a Cipro da una figura femminile, che le porge un manto rosato con una decorazione floreale.

La mano delicata dell’artista ci proietta in un paesaggio idilliaco, popolato da quattro figure eleganti e fluide da un forte connotato volumetrico.

La Venere realizzata da Botticelli è sicuramente una delle figure artistiche più riconoscibili dagli italiani, anche grazie alla sua presenza sulla moneta dei dieci centesimi; la sua fama è stata però anche la sua rovina: è stata infatti selezionata dalla Ministra del Turismo Daniela Santanché come protagonista della nuova campagna pubblicitaria “Open to meraviglia”. Il progetto, realizzato dal Ministero Turismo e dall’ENIT in collaborazione con il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio, ha la finalità di far conoscere e promuovere il patrimonio artistico in Italia e all’estero.

La Venere di Daniela Santanché

«Eccomi qua! Salve a tutti! Probabilmente di vista già mi conoscete: mi chiamo Venere. Su Instagram, Linkedin e tutti i social sarò venereitalia23. Ho trent’anni… okay, forse qualcosina di più per la verità e sono una virtual influencer: coi capelli sempre al vento giro l’Italia per mostrarvi i nostri luoghi meravigliosi e tutte le nostre eccellenze»: queste sono le parole con le quali Venere si presenta con un primo video introduttivo, rilasciato sui social il 20 aprile.

Il video mostra poi la Venere, con abiti e pose degne di Chiara Ferragni, in alcuni dei siti artistici più famosi del nostro paese: a farsi un selfie in Piazza san Marco a Venezia, a mangiare una Pizza sul Lago di Como, in bicicletta davanti al Colosseo.

Il sentiment dei social è stato fin da subito chiaro: l’immagine stereotipata ha creato una reazione a metà tra il divertito e l’incredulo, soprattutto in seguito ad una clamorosa gaffe del Ministero: nessuno aveva pensato di registrare il dominio di “Open to meraviglia” su Google tanto che è stato acquistato per un centesimo da un privato che ora vorrebbe far in modo che rimandasse alla categoria Interracial Gay di Pornhub.

La ministra su RTL 102.5, dopo qualche giorno di silenzio in seguito alle prime polemiche, ha affermato: «Uno degli obiettivi di questa campagna internazionale è quello di avvicinare i giovani, abbiamo quindi utilizzato strumenti e linguaggi a loro vicini». Evidentemente, però, non si era resa conto che le più grandi critiche sono arrivate proprio dal target a cui lei indirizzava maggiormente la campagna: in realtà, a ben guardarlo, il progetto appare totalmente autoreferenziale, incapace di raggiungere un pubblico definito e omogeneo.

Nonostante ciò, la virtual influencer conta ormai su Instagram più di 200.000 followers e continua a postare mostrandosi in giro per l’Italia stimolando l’interesse del pubblico con frasi di spessore culturale come: «Roma non è stata costruita in un giorno. Per questo è così meravigliosa», «Quando sei nata tra le onde del mare, ma ti improvvisi golfista», o ancora: «Maglia rosa: check! Bicicletta: check! Capelli al vento: super check!».

Una campagna pubblicitaria piena di controsensi.

Nove milioni: questa è la spesa complessiva prevista per “Open to meraviglia”. Curioso come nove sia pure il numero dell’articolo della nostra Costituzione che inserisce tra i principi fondamentali la promozione e la tutela del nostro patrimonio.

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Da una lettura consapevole dell’art. 9, appare evidente come vi sia un legame indissolubile tra promozione e tutela: senza conoscere ciò che ci circonda, non è possibile preservarlo. Non si tratta semplicemente di salvaguardare oggetti ma lo sviluppo della persona umana.

Appare quindi scontato chiedersi, se con questa campagna, si sia pensato ai valori civili fondamentali e fondanti per la società insiti nella promozione del patrimonio: bisognerebbe sviluppare una civitas consapevole e portatrice di una sensibilità, piuttosto che cercare di avvicinare i giovani scimmiottandone il linguaggio.

È la Venere di Botticelli che ha bisogno della Santanché o è piuttosto la Santanché ad avere bisogno della Venere di Botticelli?

Ma gli aspetti controversi della campagna non terminano qui: a lungo in queste settimane si è sentito discutere riguardo la legge sul Made in Italy, di cui una delle proposte fatte dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni riguardava una multa con ammenda tra i 5.000 e i 10.000 euro per l’utilizzo nelle comunicazioni ufficiali di lingue straniere e dell’inglese, del quale il MIT si è servito per dare nome alla nuova campagna pubblicitaria.

Al momento “Open to meraviglia” è un buco nell’acqua e sembra far di tutto per violare il diritto morale di Botticelli di vedere la sua opera integra, non scalfita da deformazioni o modifiche irrispettose.

Venereitialia23 continua ad essere molto attiva sui social, non ci resta che aspettare suoi nuovi post per sperare che la ministra Santanché decida di aggiustare il tiro, ricordandosi che la Repubblica ha il compito di promuovere lo sviluppo della cultura, abbandonando così una promozione priva di programmazione, stereotipata e inconsapevole degli strumenti che potrebbe utilizzare.

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