La donna in marcia: Elly Schlein tra un vento di novità ed il rischio di un (già visto) “Nuovo che avanza”

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Elly Schlein, la nuova segretaria del Partito Democratico, ha trentott’anni ed è di origini statunitensi e naturalizzata svizzera; ha una robusta carriera politica alle spalle, da vice presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna fino ad occupare la posizione di europarlamentare e deputata alla Camera dei Deputati italiana. Donna, di idee progressiste ed ecologiste, con una particolare sensibilità sulle politiche migratorie e idee socialiste. Nipote di Agostino Viviani e figlia del politologo statunitense ebraico Melvin Schlein e della professoressa di diritto Maria Paola Viviani.

Un profilo giovane, dinamico, moderno, atlantista e molto più a sinistra dei recenti segretari del Partito Democratico. Questa è Elly Schlein, la neo eletta segretaria dem. L’outsider con esperienza che ha portato una nuova aria nel partito mai nato, oramai ammuffito dalle solite correnti e pauroso di vecchi fantasmi renziani che hanno compromesso qualsiasi collocazione rilevante all’interno del gioco politico.

La Schlein riesce ad intercettare soprattutto i voti del Nord, anche se non è da sottovalutare la presenza di una buona fetta di elettorato al Sud dove, però, ha prevalso Bonaccini, complice anche la sponsorizzazione ottenuta da De Luca in Campania. La Schlein è stata votata dai giovani militanti, ma anche da una buona parte delle vecchie leve che non partecipavano da anni e che per il PD erano voti oramai persi, specie nelle roccaforti che, un tempo, erano il simbolo del dominio rosso comunista. Che sia forse questo un ritorno all’origine del partito o una mossa azzardata dell’elettorato lo dirà il tempo, quello che è però indubbio è la novità assoluta che rappresenta la segretaria piddina.

Innanzitutto, è la prima donna a riuscire nell’essere eletta segretario. Nel corso degli anni anche altre hanno provato l’impresa, fallendo. Questo è un dato che pare banale, ma non lo è poiché l’elettorato più maturo ha votato la Schlein nel momento in cui dall’altra parte vi è una donna: Giorgia Meloni. È indubbio che, nella scelta di contrappore la Schlein alla Meloni, ci sia stata, nell’elettorato piddino, una sorta di miticità nella scelta. Per cui era necessaria una donna forte, giovane e dinamica con idee progressiste da contrappore alla rude neofascista che ha preso, democraticamente, il potere. Del resto, si deve rammentare che, fino all’ultimo, l’elettorato del Partito Democratico sembrava orientato su Bonaccini, grazie anche alla scelta del Presidente dell’Emilia-Romagna di visitare posti dove il partito mancava da decenni, come ad esempio Mirafiori, per tentare di recuperare un elettorato storico per un partito di sinistra. Tuttavia non è bastato questo a Bonaccini perché è stato determinante proprio quell’elettorato, troppo spesso bistrattato dal “PD delle ZTL”, tanto nelle regioni chiave, che al Sud, dove la neo-segretaria ha ottenuto comunque un buon risultato. Per cui, la vittoria della Schlein ha confermato un pensiero che è cresciuto col passare delle ore: l’ideale contrapposizione tra la conservatrice Giorgia e la progressista Elly, una al Governo e l’altra all’opposizione.

La Schlein, ora, ha l’occasione storica di dare finalmente un’identità al PD, che nel corso della sua vita politica ha visto battagliarsi molte anime interne: dai Dalemiani, ai Bersaniani, Dai Franceschiniani agli Orlando, dallo spettro dei Renziani ai Lettiani, passando per i franchi tiratori che affossarono Romano Prodi nella corsa per il Quirinale. Una marea di correnti che possono sintetizzarsi in due categorie: i democristiani di sinistra ed i post- comunisti, figli della macchina da guerra di Occhetto e nel tempo mitigati dal fascino democristiano.

Ora nel PD non vi sono più i Renziani, non i fedelissimi del senatore di Rignano almeno, e delle numerose correnti le più influenti sono rimaste quella degli ex Ministri Orlando e Franceschini, le quali hanno appoggiato la candidatura della Schlein, cosa da non sottovalutare, oltre agli orfani di Letta. La Schlein si trova davanti a due opzioni: compiere un’epurazione del partito mai nato, distaccandosi dai democristiani e renziani e deviando verso una sinistra progressista che, in Italia, è abbracciata da quei piccoli partiti che nelle corse elettorali non hanno superato la soglia di sbarramento (Articolo Uno con a guida Speranza o i Verdi), ed insieme a questi confluire in uno spazio nuovo, non ancora sperimentato, di un grande patto socialista tra forze di sinistra; oppure, in alternativa, tenere a bada le correnti interne al PD ancora una volta, ma in questa occasione, gioco forza della volontà elettorale, provare a disegnare nuovi schemi di azione, definendo nuove priorità ed obiettivi e riprendendo l’ elemento valoriale che il partito in questi anni ha perso. In sintesi, si tratterebbe di far assumere al partito finalmente una propria identità valoriale ben definita, che rischierebbe tuttavia di essere un’identità Schlein più che di centrosinistra, a meno che non si giochi nel campo delle alleanze con gli altri socialisti.

Ed è proprio nel campo delle alleanze che, grazie alla figura della Schlein, il PD ha la possibilità di ricollocarsi al centro dell’opposizione e nel ramo dei socialisti che in questi mesi hanno trovato rifugio nella sponda del Movimento 5 Stelle targato Giuseppe Conte, con il quale non pare essere escluso un dialogo com’è invece accaduto in precedenza. Ovviamente tutto dipenderà dalle azioni della neo segretaria. Deciderà di abbandonare al lor destino Renzi e Calenda ed il loro terzo polo, che nasconde un fetore di putrido, per abbracciare quest’alleanza di sinistra, oppure ancora proverà a costruire uno spazio nuovo e si inizierà un dialogo con le forze movimentiste giovanili che hanno contribuito al suo successo, magari aprendo un punto di rottura con i classici schemi e puntare su un programma green, smart e volto ai temi ambientali e civili?

Tutto si inizierà a capire dai nuovi volti nei ruoli-chiave all’interno del partito.  Le indiscrezioni lasciano però pensare che la Schlein, per ora, proverà a tenere a bada le correnti, includendo uomini dell’area franceschiniana ed anche vicini al rivale Bonaccini, collocando nei ruoli per lei chiave-figure di proprio riferimento: una generazione di quarantenni, alcuni già noti come Frattoianni, che sono collocati decisamente a sinistra e che quindi fan presagire, almeno sul tema delle possibili alleanze, i primi obiettivi della Schlein.

Vedremo alla fine se la Schlein sarà in grado di dare un nuovo volta al PD o se il tutto si risolverà nel classico nulla di fatto (tipico negli ultimi anni per il partito). Per i cittadini di sinistra e per la democrazia dell’alternanza non resta che sperare che Elly si riveli un’atlantica socialista green piuttosto che l’ennesima “comunista col rolex“, che di comunismo ha ben poco e di democristiana memoria fin troppo.

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