“Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.”
No, non è un film di Tarantino né un sermone domenicale, ma è la sintesi perfetta di quel che sarà il governo di Donna Giorgia, il presidente più a destra della storia repubblicana. Un presidente legittimo, ma che desta non poca preoccupazione per l’inefficienza dei suoi uomini migliori in ministeri chiave, oltre che per l’incapacità assoluta di preservare la propria identità – il che paradossalmente è un bene, ma che denota un complicato gioco di intrecci e di bilancini per la tenuta dell’esecutivo. Ciò si è evinto sia nell’assegnazione dei ministeri che nel suo discorso alla Nazione, termine, questo, che già annuncia una certa ignoranza di quel che si presiede e di chi si parla, oltre a rievocare ricordi osceni di altri discorsi, quelli sì rivolti alla Nazione. Nel suo lungo discorso al parlamento, Donna Giorgia, mostrandosi fiera e sicura, orgogliosa ed a tratti pavida, forte del proprio risultato elettorale ha enunciato il proprio programma di governo.
Ha parlato di interventi sul caro bollette e come si avrà una continuità delle politiche economiche draghiane, di migrazione, di welfare e di imprese, ed ha anche rassicurato sulla sua convinzione del ruolo italiano nell’ Alleanza Atlantica, sul ruolo centrale nell’Europa, alla quale ha riservato qualche timida stoccata – ma nulla di serio, quasi un buffetto, di quelli che si dà ai propri bimbi quando fanno il broncio. In fondo, lei è una madre ed è cristiana, è sensibile ai bimbi capricciosi ed è contro la violenza, a meno che non siano studenti che protestano: in tal caso, giù di manganello.
Donna Giorgia nel suo discorso pare essersi evoluta, come tutti i leader quando passano dalla piazza al governo capendo che governare significa moderarsi, anche se di poco. Così la Melonara diviene Donna Giorgia, IL presidente che non teme l’opposizione né gli alleati, che brontola con l’Europa ma ne rivendica l’importanza, che parla di provvedimenti economici solcando una linea che fino a pochi mesi prima contestava a gran regime. Il suo discorso è un sermone che promette rivendicazioni nazionali, ma che strizza gli occhi a vecchi “nemici”, che promette con il suo esecutivo la guida verso la luce, ma si scaglia contro i diritti civili, che proclama giustizia ma vive di conflitti di interesse, che si rivolge al Papa, ma lascia annegare in mare aperto delle anime. Nulla di rassicurante ma meno peggio ancor di quello che si poteva supporre, date le premesse: meno peggio, ma più insidioso e fetido.
Del suo atteggiamento pavido verso lo straniero, inteso anche come Europa e USA è rimasto ben poco, l’unica coerenza che IL presidente ha mantenuto è quell’irrefrenabile voglia di qualcosa di marcio, come abbattere i diritti sociali del paese riportandolo indietro di mezzo secolo, opporre un duro contrasto ai poveri, scatenando la rabbia sociale verso le categorie più penalizzate, trovando un nemico comune in chi non può difendersi all’interno della Nazione, perché in questo momento scatenare l’ira delle masse contro i “nemici” europei ed atlantici non conviene e se ci si rivolge ad i vecchi amici di sempre, strizzando l’occhio al capitan capitone, c’è il rischio che esploda una bomba, esploda letteralmente. Bisogna esser moderati, con un certo spirito nostalgico con quel suo distinto fetore di Benito.
La realtà è che la Melonara dopo essersi divorata il consenso dei suoi compari d’alleanza e l’appoggio delle masse frustrate e deluse che hanno preferito dar voti di protesta anziché di pensiero, colpevole il nulla cosmico della sinistra e del centro sinistra, ora deve divenire Donna Giorgia e nella metamorfosi già si mostrano i primi segnali di incapacità. Ha promesso la qualunque, caricando il tutto di significati ideologici e nostalgici ma che nei primi fatti si sta limitando a dare battaglia ai poveri, calpestando i diritti che questo paese ha difficilmente raggiunto negli anni, ponendo figure inidonee alle cariche statali e non offrendo alcuna soluzione concreta ai disagi dell’Italia, poiché non si ha nulla di concreto da proporre e l’unica soluzione è trovare un nemico sociale alla rabbia che l’ha portata lì, un nemico possibilmente disarmato.
Vi è inoltre, in questa maggioranza, un’incapacità di trovare figure serie e competenti nei ministeri chiave, dove si è dato libero sfogo al conflitto di interesse ed ai bolliti dei partiti alleati, ministeri dati ai cognati, ruoli chiave occupati da condannati e rinviati a giudizio. Ministeri nei quali si distingue la componente ideologica, legittima, ma che lascia spazio ad interpretazione di politiche estreme e fuori dal tempo, oltre l’incoerenza delle stesse componenti sui provvedimenti che la maggioranza si appresta a mettere in campo, un’operazione non di ideologia ma di marketing che nasconde l’incapacità organizzativa di questa accozzaglia Brancaleone alla guida del paese. Un misto di ignoranza e incompetenza spaventosa.
Per spezzare una lancia, però, in favore del primo presidente donna italiano e per ironia della sorte anche il più maschilista ed antifemminista che il panorama politico offre, la scelta nel suo campo di alleanze non era così ampia, in fatto di competenze. Ed il fatto che molti nomi tecnici che nelle ore della composizione di governo giravano nei corridoi tra le stanze del potere si siano sfilati è il segno della poca fiducia in questa maggioranza.
Donna Giorgia dall’animo dragonico, pur di governare si è messa al suo fianco incompetenza, condannati e malaffare. Da un lato Capitan Capitone, oramai cotto che, come un adolescente represso, sfoga i suoi istinti in dirette social, al quale addirittura viene affidato il ministero dei trasporti, giusto per stroncare definitivamente le linee di collegamento del paese. Salvini, al quale, dopo il Papeete, il medico ha suggerito di non pensare per almeno una legislatura, è posto alla destra di mamma Giorgia da vero figlio cristiano bisognoso di carezze e bacini. Alla sinistra invece il Padre del centrodestra, capostipite del malaffare governativo: il signor B., un po’ scaduto e stagionato ma con il cuore sempre giovane, pronto ai danni di sempre – alcuni già compiuti verso la figlioccia Giorgia che per ovviare alle gaffe del caimano lo ha affidato alle cure sanitarie e politiche del suo amico e consigliere fidato di sempre, Gianni Letta, che l’ha rassicurata di non temere altri tentativi di sabotaggi e che penserà lui a placare la lingua di zio Silvio. Pare anche che Letta abbia rassicurato che alla peggio faranno come ne “La bambina e il Capitano”: si dice che qualcuno a Rignano sia pronto al soccorso.
Un governo, quello della Meloni, che si mostra quindi tanto incompetente quanto fragile, legato ad i capricci di un ultra ottantenne un po’ eccitato ed un capitan capitone che ha perso le redini della sua imbarcazione da tempo, un governo che promette battaglia ma che per ora la fa solo ai rive party ed alle mascherine, stando agli unici decreti emanati fin ora.
Nei primi 100 giorni capiremo direzione e consistenza del nuovo Governo Meloni I, che potrebbe durare 5 anni, nel caso la leader del partito di governo – la quale ha preso pubblicamente le distanze dal fascismo, ma che allo stesso tempo non ha avuto problemi ad indicare e favorire la nomina dell’autodichiarato fascista La Russa come seconda carica dello stato – si dimostri capace di prendere seri provvedimenti economici e la guida del paese, districandosi nelle piaghe della maggioranza. Ma che potrebbe durare anche 5 mesi, se emergerà tutta l’incapacità e conflittualità che questo esecutivo presenta e non si preoccupa neanche di celare agli occhi degli osservatori: tempo in cui le manovre nazionalistiche non se fanno, ma se ne dicono, dove ci potrebbe essere un tracollo vertiginoso dei conti pubblici ed un passo indietro gigantesco sul terreno dei diritti sociali.
L’altra questione rilevante su cui interrogarsi è il motivo della scelta degli elettori. Forse la qualità ci ha rotto le scatole o semplicemente non vi è mai stata qualità di scelta e la protesta si è incanalata nella Melonara, quel mostro fascista che si dimostra già nelle prime dichiarazioni un agnellino nostalgico, più che mostro , chihuahua rabbioso ed anti contemporaneo. Fastidioso sì, ma non così pericoloso. Quel che è pericoloso è la deriva del malessere sociale che deve allarmare la sinistra e centro sinistra del paese: forze politiche che non hanno saputo produrre nulla, il vuoto cosmico, e che hanno contribuito con l’esaurimento di proposte concrete e di ricambi strutturali organizzative all’ascesa della Meloni.
Vi è un necessario bisogno in un paese democratico di una pluralità di schieramenti, cosa che in questo momento è assente. Vi è solo una destra e manca completamente la controparte e, se questa tendenza dovesse continuare nel tempo, allora si dovrebbe temere davvero lo spettro neofascista. Perché quando la rabbia sociale cresce e persevera senza trovare sbocchi di creatività, di proposte, di incanalatori allora si hanno due risposte: o la rivolta o l’ascesa di mostri. Questo è il vero pericolo su cui ci si deve confrontare e su cui la sinistra deve trovarsi.
Nell’attesa non resta altro che resistere, resistere e resistere. Forse i disastri a cui andremo incontro produrranno una risposta sociale.
Per cui lunga vita al Governo Meloni I e buona catastrofe.