Sarebbe intrigante, anche alla luce degli ultimi sondaggi disponibili, chiedersi come mai una certa destra, che fa dei valori “Dio, Famiglia e Patria” e della tutela dell’ordine costituito le chiavi di volta del proprio pensiero politico, si vesta poi dell’abito di paladina delle libertà fondamentali e dell’opposizione ad un non meglio precisato pensiero unico.
Le ragioni dietro questa evidente idiosincrasia vanno cercate molto indietro nel tempo, nel Manifesto degli Intellettuali Fascisti di Giovanni Gentile, il quale fu, forse, la migliore mente che si sia mai messa al servizio del Fascismo storico e del pensiero di destra in generale. Del resto, l’accademico fascista ebbe il non facile compito di riordinare ideologicamente un movimento, un partito, quello fascista, che era passato dal socialismo sansepolcrista all’atteggiamento filo-borghese tenuto nel contesto del Biennio Rosso, in cui occupò edifici pubblici di amministrazioni di sinistra nel silenzio delle forze dell’ordine e dove le camicie nere presero a botte ed olio di ricino i contadini e gli operai che protestavano in quel periodo nella zona dell’Emilia-Romagna.
Disse Gentile nel suo Manifesto:
Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre.
[…]Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energicamente la politica demosocialista allora imperante.
Si noti, nel 1925, la critica alla politica demosocialista dove il Mussolini socialista ormai era diventato qualcos’altro nel desiderio del potere assoluto che, in quel momento, aveva raggiunto. C’era, dunque, un’idiosincrasia già nelle origini stesse del regime di destra più rilevante della storia italiana, un regime che si poneva come “rivoluzione” al fallimento della politica liberale e demosocialista. E, con numerose capriole intellettuali, il Gentile provò a risolvere questo contrasto, scriveva infatti, sempre nel Manifesto:
[…] Lo Stato che è liberale perché si ritiene estraneo alla coscienza del libero cittadino, quasi meccanico sistema di fronte all’attività dei singoli. Non era perciò, evidentemente, lo Stato vagheggiato dai socialisti, quantunque i rappresentanti dell’ibrido socialismo democratizzante e parlamentaristico, si fossero, anche in Italia, venuti adattando a codesta concezione individualistica della concezione politica. […]
In questo brano viene espresso chiaramente il concetto che il laissez faire, il lasciar fare liberamente al cittadino con uno Stato neutrale, non è auspicabile nel pensiero del fascismo, questo per garantire che venga portata avanti la “loro” visione di libertà, perché il pluralismo non è presente nella tradizione del pensiero di certa destra, neanche quella attuale. Non è un caso se il Manifesto prosegue dicendo che l’ideale di Stato fascista è:
[…] scuola di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice. È concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica […]
Il termine serietà religiosa non è utilizzato a caso dal Gentile che, anzi, all’inizio del manifesto parla chiaramente di un carattere religioso del Fascismo. Da questa gravitas quasi religiosa ne deriva che la morale, secondo i canoni fascisti, va imposta finanche con la sopraffazione.
Da qui si sviluppa un altro punto interessante del pensiero di certa destra: l’essere oppositori del pensiero unico, il primo problema sarebbe definire in cosa consista questo “pensiero unico” e, infatti, il Fascismo storico si poneva, nella propria narrazione, come “minoranza contro lo Stato liberale” dell’epoca e contro la democrazia parlamentare, un pensiero definito anche quale liberalismo agnostico, come viene detto nei seguenti brani:
[…] I fascisti erano minoranza, nel Paese e in Parlamento, dove entrarono, piccolo nucleo, con le elezioni del 1921. Lo Stato costituzionale era perciò, e doveva essere, antifascista, poiché era lo Stato della maggioranza […][…] Contro tale Stato il Fascismo si accampò anch’esso con la forza della sua idea la quale, grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa che inviti al sacrificio, attrasse intorno a sé un numero rapidamente crescente di giovani e fu il partito dei giovani […]
Una retorica ben presente in certi partiti presenti nell’attuale tornata elettorale, predicatori della libertà, ma secondo la loro concezione di libertà perché, proprio citando ancora Gentile:
[…] sanno bene che l’invocata libertà è una parola di significato elasticissimo se può essere in bocca a così diversi partiti. […]
e dunque:
La verità è che la grande massa del popolo italiano lo sente e ne dà prova con la tranquilla indifferenza con cui assiste alle calorose proteste e querimonie delle opposizioni, che chi lavora oggi in Italia, per la libertà della Nazione nel mondo, non è l’antifascismo, ma il Fascismo, il quale faticosamente attende a costruire sopra solide fondamenta l’edificio nel quale possono infatti esplicarsi le libere attività dei cittadini, garantiti da una legge che sia veramente l’espressione della loro reale, organica, concreta volontà.
Il fascismo, all’epoca, lavorava per la libertà dei cittadini togliendo loro il parlamentarismo. Ecco il terreno ideologico ed idiosincratico sui cui gioca il pensiero di estrema destra. e questo perché, come detto sopra:
[…] in Italia gli animi sono schierati in due opposti campi; da una parte i fascisti, dall’altra i loro avversari, democratici di tutte le tinte e tendenze, due mondi che si escludono reciprocamente […]
Torna, ancora, il tema dell’opposizione al pensiero percepito come unico perché nel pensiero fascista storico (ed anche in larga parte di quello oggi definito “neofascista”) c’è sempre questa idea di aggregare tutti gli “altri” (i non fascisti) in un unico blocco che a loro si oppone (la tanto odiata “democrazia inconciliabile col fascismo” di cui parla Gentile sempre nel Manifesto) al “loro” movimento ed alla loro idea rinnegando, per opzione ideologica, qualsiasi possibilità di dialogo. Certo, non sarebbe corretto dire che i fascisti di oggi tendano a propugnare l’idea dell’inconciliabilità tra la propria ideologia ed il meccanismo parlamentare, ma, del resto, non lo fece neanche Mussolini che, nel 1921, in Parlamento ci entrò come piccolo partito per poi diventare assoluta maggioranza con le elezioni del 1924 fatte con il meccanismo criminale della Legge Acerbo ed un forte clima di intimidazione. C’è anche un pensiero alla stampa “pericolosa” la quale:
[…] se è vero o non è vero che certa stampa (di proposito o no, poco importa) facesse correre alla Nazione il rischio dei più gravi turbamenti dell’ordine pubblico […]
Il Manifesto degli intellettuali fascisti scritto da Gentile rappresentò la base culturale del fascismo storico ed ancora adesso, nei suoi brani, possono trovarsi tracce che sono arrivate fino al pensiero attuale. È chiaro che una parte politica che discende da questo retroterra storico ed ideologico avrà sempre dalla sua una certa carica antidemocratica, perché fa parte del suo essere, del suo DNA.
L’esame della storia di un pensiero politico di tal specie, dunque, induce a riflettere sulla forza della democrazia in Italia che con il proprio passato fascista non ha mai voluto fare veramente i conti. E le origini dell’idiosincrasia tra la ricerca dell’ordine ed il vestito di “paladini della libertà” e di “opposizione al pensiero unico” trae origine proprio da quello che fu il pensiero storico del fascismo italiano che, ben lungi dall’essere morto, è ancora vivo nei suoi segmenti più estremi.
Del resto, come non ricordare l’assalto, da parte di Forza Nuova, della sede della CGIL del 9 ottobre 2021 (su cui abbiamo scritto un articolo). Per questo, in una democrazia, la soglia di attenzione dev’essere sempre alta, specie nel segreto della cabina elettorale.
Riferimenti
Tutti i brani sono tratti dal Il Manifesto degli intellettuali fascisti, pubblicato il 21 aprile 1925 sui principali quotidiani del tempo – Link al testo integrale