È di pochi giorni la notizia dello “sbarco” dei principali leader politici sulla piattaforma social Tik Tok. Un improbabile circo equestre scende in campo per mettere in scena una politica prêt-à-porter, che per nulla si dissocia dalla logica effimera del social più in voga tra i giovani. Ecco che il leader di Forza Italia sembra inscenare la parte di un nonno premuroso che scherza e racconta barzellette ai propri nipotini; il leader di Azione – con un fare di autocommiserazione – scherza sul fatto di sembrare “un orso ubriaco”; oppure il leader della Lega Salvini preferisce la mezzanotte per lasciarsi andare a commenti alquanto ludici; per non parlare di chi rappresenta il paese a sinistra. In tutto questo trambusto, opinionisti politici e giornalisti di ogni sorta commentano i brevi videoclip dove vengono istrionicamente recitate queste scenette e si lasciano trasportare da commenti tecnici figli di una presunta conoscenza dei principi della corretta comunicazione digitale.
Non pare esserci la minima volontà – salvo rare eccezioni – di analizzare criticamente quanto accade; di proporre un punto di vista alternativo, che vada oltre la solita retorica dei “non tutti i giovani sono disinteressati”.
Per quanto ci possano essere tutte le buone intenzioni del caso – e dal canto nostro non si voglia pensare a male – è innegabile che stiamo perdendo l’intero punto di vista di un pezzo del Paese, troppo spesso dimenticato e accusato. Tutto ciò che i giovani fanno o dicono viene etichettato come vacuo, frivolo. Il verbo ascoltare sembra aver perso la sua funzione sociale. Eppure, solo ascoltando, dal loro punto di vista si potrebbe ricavare tanto. Si potrebbero immaginare i discorsi che ascoltano a casa, i pareri e le opinioni dei genitori, disillusi da ogni fazione politica, traditi da anni di false e intangibili promesse. Potremmo procedere a ritroso al passato più recente, e pensare all’instabilità gettata dalla guerra e dalla pandemia. Alle paure, le angosce e le ombre di un futuro sempre più incerto.
Ridurre tutto al racconto di una simpatica pantomima sarebbe una sottovalutazione di non poco conto. Ciò che si cela dietro uno spiccato senso dell’umorismo e dell’ironia potrebbe essere visto e letto alla stregua di un segnale. Un tentativo di difendersi da una realtà che promette poco. “La realtà è scadente” racconterebbe Sorrentino attraverso i suoi personaggi. E se la realtà è così pesante e imprevedibile, il sarcasmo, i meme, l’ironia non sono un registro linguistico al quale abbassarsi per propugnare precetti e contenuti politici, ma forse un segnale di una generazione che ha un disperato bisogno di evadere. Secondo una visione meno pessimistica e più risolutiva di quella appena presentata, potremmo parlare”di un disperato bisogno di carismi, di passioni incarnate in figure credibili”. Piuttosto che relegare il dibattito ad un inutile formalismo linguistico, ludico e infantile, uno spunto di riflessione potrebbe riguardare il nutrire i dibattiti politici di aspettative, motivazioni, ideali. Di suscitare emozioni, energie ed entusiasmo e risvegliare i talenti nascosti dei nostri giovani, che proprio di queste emozioni si nutrono.
Psicologo, con esperienza maturata in ambito organizzativo. Ha conseguito la laurea in psicologia del lavoro con una tesi sul work-life balance.
Co-fondatore de Il Controverso, cura la rubrica #SpuntidiPsicologia e scrive di tematiche riguardanti la criminalità organizzata.
"Scrivo perché amo andare a fondo nelle cose"