La guerra non cambia mai

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Il 24 febbraio 2022, all’alba del ventunesimo secolo, l’Europa, ma soprattutto l’Ucraina, sono state svegliate dall’orrore della crudeltà umana, dalla brama di potere di un uomo che, per il suo narcisismo e le sue “paure”, si è arrogato il diritto di invadere i confini, internazionalmente riconosciuti, di un altro Stato in nome della difesa del Donbass (zona dove il presidente russo ha proclamato l’indipendenza della Repubblica di Donetsk e della Repubblica di Luhansk) dai “nazisti”, e del territorio russo dalla “grave minaccia” consistente nell’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO.
Inaccettabile per la Russia la presenza di quest’ultima ai suoi confini, eppure la Nato è presente da molto tempo in Lettonia, Estonia e Lituania, tutte egualmente confinanti con lo Stato in questione.

Sorge, allora, quasi spontaneo chiedersi se questo non sia stato solo un pretesto per realizzare un vecchio desiderio, ovvero allargare i confini della Russia e avvicinarsi sempre di più all’Europa.

Molti sono i termini che vengono alla mente per descrivere il comportamento della Russia: è inaccettabile, disumano, ingiustificabile che uno Stato odierno, civilizzato – che dovrebbe, quindi, aver acquisito quei valori umani universalmente riconosciuti come tali nell’orbita della civiltà – possa compiere un’azione del genere, a tradimento, dopo aver finto di cercare un accordo, nel cuore della notte, contro un popolo che aveva sempre cercato il dialogo e la pace, un popolo che ora sta lottando con le unghie e con i denti per difendere la sua sacrosanta libertà e il proprio diritto di autodeterminazione.

Quest’ultimo, in particolare, nato come principio di rilievo internazionale, in virtù del quale tutti i popoli hanno il diritto di scegliere liberamente la propria forma di governo e di essere liberi da ogni dominazione esterna, è divenuto un vero e proprio diritto umano, formalmente riconosciuto a tutti i popoli, dall’’identico articolo 1 dei due Patti internazionali sui diritti umani del 1966, il quale dispone che: “Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.
Inoltre, l’articolo l, par. 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto allo sviluppo, del 1986, richiamando espressamente tale articolo, stabilisce: “Il diritto umano allo sviluppo implica anche la piena realizzazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione”.
Tale diritto è stato fortemente compromesso dalle azioni dell’ex Unione Sovietica che ha, inoltre, violato l’art. 2, par. 3 e 4, dello Statuto della Nazioni Unite (di cui la Russia è parte dal 24 ottobre del 1945, al tempo come U.R.S.S.), il quale dopo aver previsto che le controversie internazionali debbano essere risolte in maniera pacifica, condanna la minaccia o l’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza degli altri Stati.

Non si può fare a meno di restare atterriti davanti alla dimostrazione del fatto che la storia, purtroppo, ancora non ha smesso di ripetersi e che la brama di potere di un uomo è ancora capace di infliggere terribili sofferenze ad un popolo innocente.
Come disse Jean-Paul Sartre, “quando i ricchi si fanno la guerra, sono i poveri a morire” ed invero è sempre stato così: dai Romani fino alle due grandi guerre mondiali, gli innocenti hanno sempre pagato il prezzo di scelte di potere altrui.

Lascia davvero addolorati la circostanza che, dopo una pandemia che ha sconvolto il mondo per più di due anni e ancora non è volta a termine, si sia tornati a quello che, dopo gli eventi degli anni ’40 del secolo scorso, tutte le Nazioni si erano fortemente impegnate ad evitare.
Afferma letteralmente lo Statuto delle Nazioni Unite

Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grande e piccole, a creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà, e per tali fini a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ad assicurare, mediante l’accettazione di principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune, ad impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli, abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini”.

Un proposito degno d’onore, che si vede fortemente scalfito negli ultimi giorni, ma per la realizzazione e il mantenimento del quale tutti dovremmo sempre fortemente impegnarci, perché non esiste ragione al mondo che possa giustificare gli orrori della guerra e le sofferenze dei popoli.

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