Negli ultimi giorni si è fatta strada l’ipotesi, ormai sempre più reale, di un interessamento da parte del leader di Forza Italia (precedentemente Popolo delle Libertà e ancor prima Forza Italia versione 1), l’ex Cav. Silvio Berlusconi, alla carica istituzionale più alta di questa Repubblica. Difatti, l’ex Cavaliere del Lavoro, ancora una volta, vuole tentare la grande scalata cercando di radunare i 505 voti necessari per la sua salita al colle più alto.
Infatti, in questo momento, tra parlamentari del centrodestra e rappresentanti regionali, Silvio Berlusconi può contare su un sostegno di circa 400 voti tra le due Camere del Parlamento, visti gli attuali numeri; in più può contare su un esteso gruppo misto di circa 110 senatori e deputati divisi tra le due Camere. Insomma, anche escludendo il partitino di Renzi, potrebbe tentare la scalata con questi numeri.
La domanda che sorge spontanea è sul perché, ad 85 anni suonati, Berlusconi agogni a quella fatidica poltrona. Forse come chiusura di un ciclo che lo porterebbe nell’Olimpo dei padri della patria? O forse c’è qualcos’altro? Il punto della sua candidatura si collega agli attuali sondaggi del centrodestra che conduce con una somma superiore al 40%, al PNRR ed al futuro dello stesso Mario Draghi.
Del resto, la “candidatura” di Berlusconi e la sua stessa, non impossibile, elezione, metterebbe Mario Draghi in una posizione delicata con l’attuale maggioranza, in quanto si ritroverebbe con un Presidente della Repubblica più ostile di quanto non sia mai stato il pacato Presidente Mattarella. Citando De Gregori, “un incrocio di destini in una strana storia” che si sta sviluppando tra la Presidenza del Consiglio ed i due rami del Parlamento che mai, come in questa particolare congiuntura storica, sono stati così frammentati come adesso – è vero che Super Mario Bros gode di una maggioranza parlamentare del 90%, ma è anche vero che quella stessa maggioranza è pronta ad abbandonarlo al primo segnale di debolezza.
Questo, infatti, non è un Governo “tecnico” di montiana memoria, ma uno misto dove convivono tecnici e politici ed ognuna delle due parti cerca di limitare e controllare l’altra, nella ricerca di un equilibrio che resta soltanto apparente.
In questo confuso scenario si inserisce la tegola per il Governo Draghi: il desiderio di Berlusconi di diventare Presidente della Repubblica, che, già in forma teorica, sta incrinando questo delicato equilibrio politico, indebolendo i due maggiori partiti di questa legislatura, Lega e Movimento 5 Stelle. Entrambi sono stati trasformati da protagonisti a semplici comparse, complice anche l’indebolimento delle rispettive dirigenze di fronte ad un “gigantesco salvatore della patria” qual è l’economista Draghi, garante dei Fondi Europei della ricostruzione ed interlocutore privilegiato che non ha discusso il PNRR, ma se ne prende tutti gli allori.
La “candidatura” di Berlusconi (in quanto, tecnicamente, è un termine sbagliato) riesce, con la sua sola idea, a destabilizzare un Governo già fragile nei suoi equilibri, ma c’è di più: il punto fondamentale sta nei rapporti che si stanno provando ad intessere nelle “stanze dei bottoni” di Montecitorio e Palazzo Madama, e non sarebbe ardito prospettare un sostegno esterno da parte di Italia Viva, ormai sempre più lanciata verso il centro destra e vero ago della bilancia in questa delicata elezione.
Da qui, allora, arriva una ricostruzione che può essere condivisibile: che Berlusconi, una volta diventato Presidente della Repubblica, riesca, con una crisi di governo provocata dai suoi sodali, a mandare in soffitta Mario Draghi, magari con un incarico presso le istituzioni europee. Questo di modo da poter “proporre” una figura “tranquilla”, quale potrebbe essere Tajani per una nuova maggioranza (il quale, ricordiamolo, è stato nella Commissione Europea di Barroso ed è stato Presidente del Parlamento Europeo), ma, in ogni caso, capace di interloquire con le istituzioni di Bruxelles e di rassicurarle circa l’uso del Fondo Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Con un quadro istituzionale tal fatto, e con un ricco rimpasto di Ministri, il centro destra, che non ha vinto le ultime elezioni, beneficerebbe, per la parte finale della legislatura, della sorte di riuscire ad essere protagonista, mentre i suoi avversari, lacerati da incessanti lotte intestine, non potrebbero più fare fronte comune né riuscirebbero a produrre una vera opposizione.
Va ricordato, per quanti leggono, che l’incarico di formare un Governo è dato dal Presidente della Repubblica e tra i recenti improponibili c’è stato Carlo Cottarelli, che nessuna forza politica si è degnata neanche di considerare – il tutto nel balletto politico che sono le “consultazioni”.
Ciò detto, sfruttando proprio il brevissimo lasso temporale concesso dalla fine della legislatura fino al 2023, si potrebbero creare le basi per una vittoria decisiva della coalizione di centrodestra per una legislatura fino al 2028, che avrebbe le spalle coperte da un Presidente della Repubblica condiscendente e da una larga maggioranza, magari sostenuta dalla “gambetta” di un’eventuale partecipazione minoritaria di Matteo Renzi che, dichiarandosi apertamente centrista, nei fatti ha aperto lo spiraglio all’alleanza con il vincitore di turno.
Del resto, la partecipazione del senatore di Rignano non sarebbe un’idea tanto peregrina, visto che i due Matteo (Renzi e Salvini s’intende, non anche quello del Vangelo), che pubblicamente, a volte, sembrano darsele di santa ragione (solo verbalmente, si badi) hanno in realtà molte cose in comune tra loro: secondo il recente libro di Marco Travaglio (I segreti del Conticidio. Il «golpe buono» e il «governo dei migliori», PaperFIRST Editore), i due avrebbero già avuto già avuto numerosi ammiccamenti negli anni 2018-2020: dopo la fine del primo Governo Conte, la stessa ricostruzione ricorda, come molti paiono ignorare, che l’attuale compagna di Salvini è Francesca Verdini, figlia di quel Denis Verdini, grande amico dell’uomo che veniva da Rignano ed ex coordinatore nazionale di Forza Italia che ha persino tentato una propria impresa politica – mentre affondava la nave politica di Berlusconi – con l’estinto partito denominato “ALA” e che, in tempi non sospetti, sostenne i Governi Renzi e Gentiloni (quest’ultimo emulo renziano in tutto tranne che nel nome, ed ora inviato alla Commissione Europea a guida Von der Leyen), oltre ad essere stato condannato per bancarotta fraudolenta per la vicenda del Credito Cooperativo Fiorentino a 6 anni di carcere in via definitiva; per cui, i momenti di incontro tra i due possono esserci stati senza dover considerare ardita questa ricostruzione di Travaglio.
Dunque, mettendo insieme i pezzi, viene fuori un disegno machiavellico di potere che si basa su tutta una serie di fortunati incroci, apparenti battaglie tra fazioni ed un ruolo centrale dei cd. “franchi tiratori” in quella che, senza voler insinuare nulla, potremmo definire una vera e propria campagna di “convincimento” dei fatidici 100 voti mancanti.
E questa non è una critica a Berlusconi in quanto persona, né un elenco dei (numerosi) motivi che rendono l’ex Cavaliere del Lavoro indegno di assumere la più alta carica dello Stato. Questa è solo la prudente ricostruzione di uno scenario che, con Berlusconi al Quirinale, può presentarsi tanto entro tempi brevi, quanto nel 2023 con una non fantasiosa vittoria del centrodestra unito.
La proposta di Berlusconi al Quirinale, seguendo questa ricostruzione, non è più, dunque, stante l’alto valore politico ed istituzionale della carica di Presidente della Repubblica, il semplice vezzo di un anziano che vuol coronare la sua lunga carriera politica, ma, in questo frangente di debolezza politica, diventa un disegno politico di dominio permesso dalla debolezza della sinistra e dall’accondiscendenza di certa stampa che, nel timore di perdere la ciotola che il padrone gli concede, ignora indizi evidenti che portano, in un percorso logico e coerente, alla ricostruzione qui presentata.
L’Italia degli elettori non può scegliere il proprio Presidente della Repubblica – questo è compito dei rappresentanti di quella stessa Repubblica – ma gli italiani avranno il potere di indignarsi e di far sentire la propria voce alle, ormai, prossime elezioni.
Del resto, si avvicina sempre di più l’inizio della campagna elettorale per il 2023 che, mai come adesso, si rivelerà decisiva per il futuro.
Note
- Si è detto ex Cavaliere con riferimento a Silvio Berlusconi in quanto, egli stesso si è autosospeso, nel 2014, dall’onorificenza di Cavaliere del Lavoro prima di un qualsiasi provvedimento in merito da parte della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro a seguito della sua condanna definitiva in Cassazione a seguito del cd. “Caso Mediaset“, va ricordato, inoltre, che egli era stato insignito della prestigiosa onorificenza nel 1977.