Il 6 settembre è stato pubblicato l’appello del corpo docenti finalizzato al contrastare l’introduzione del green pass nelle aule universitarie italiane. Tra le firme, figura quella di Alessandro Barbero.
L’appello denuncia: la “natura discriminatoria del green pass” nella misura in cui violerebbe l’art. 32 della Costituzione e il regolamento UE 953/2021, nella parte in cui creerebbe di fatto una minoranza; la “violazione dei diritti di studio e di formazione che sono garantiti dalla Costituzione” alla stregua di un pernicioso precedente nella storia del Paese; ed infine l’estensione “dell’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia una piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”.
Più precisamente, il noto medievista ha spiegato la propria posizione a Paolo Floris d’Arcais su MicroMega, sostenendo che
«Il provvedimento crea di fatto una categoria di cittadini che, senza aver violato nessuna legge e nessun obbligo, è trattata con un atteggiamento di disprezzo e di incitamento all’odio. Se ci fosse un preciso obbligo di legge, posto dal Governo e approvato dal Parlamento, il cittadino sarebbe legittimamente sottoposto a sanzioni. Del tutto diverso è togliere diritti fondamentali a cittadini che non hanno infranto nessuna legge».
Occorre, per giungere ad una maggiore e significativa chiarezza dei fatti, porsi una domanda: l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio è incompatibile con l’art. 32 Cost. nella parte in cui “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti al rispetto della persona umana”?
Fondamentale è la sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018 con la quale la Corte Costituzionale ha rigettato tutte le censure di incostituzionalità, sollevate dalla Regione Veneto, nei confronti del d.l. n. 73 del 7 giugno 2017 (c.d. Decreto Lorenzin), che aveva imposto ai minori fino a sedici anni di età dieci (così ridotte, in sede di conversione in legge, rispetto all’originario numero di dodici) vaccinazioni obbligatorie e gratuite, delle quali otto non erano previste dalla normativa previgente.
La Corte Costituzionale, partendo dal presupposto che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività (da ultimo, sentenza n. 268 del 2017), precisa che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).
«Il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)».
In questa prospettiva, l’attenzione verso l’obbligatorietà delle vaccinazioni è ridimensionata in ragione dell’accentuarsi di una più spiccata sensibilità per i diritti di autodeterminazione individuale, anche in campo sanitario, e per questo motivo sono state privilegiate politiche vaccinali basate sulla sensibilizzazione, l’informazione e la persuasione, sebbene il dibattito sia rimasto sempre aperto e si assista ad una inversione di tendenza – dalla raccomandazione all’obbligo di vaccinazione -, come è accaduto per le vaccinazioni obbligatorie per i minori.
Nel contemperamento degli interessi in gioco la Corte Costituzionale considera positivamente
«la scelta del legislatore statale non può essere censurata sul piano della ragionevolezza per aver indebitamente e sproporzionatamente sacrificato la libera autodeterminazione individuale in vista della tutela degli altri beni costituzionali coinvolti […] intervenendo in una situazione in cui lo strumento della persuasione appariva carente sul piano della efficacia»; osservando, comunque, che «nell’orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo (tanto che sul piano del diritto all’indennizzo le vaccinazioni raccomandate e quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da ultimo la sentenza n. 268 del 2017). In quest’ottica, occorre considerare che, anche nel regime previgente, le vaccinazioni non giuridicamente obbligatorie erano comunque proposte con l’autorevolezza propria del consiglio medico».
Non deve essere sottovalutato il fatto che, con riferimento alla normativa vigente sulle vaccinazioni obbligatorie per i minori, la Corte Costituzionale, pur valutando positivamente il fatto che il Legislatore abbia ritenuto di dover rafforzare la cogenza degli strumenti della profilassi vaccinale, configurando un intervento non irragionevole allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche, non ha escluso che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata. Questa prospettiva ha fatto sì che la Corte Costituzionale considerasse legittima la scelta legislativa del 2017, a favore dello strumento dell’obbligo, perché fortemente ancorata al contesto.
Per concludere, una vaccinazione obbligatoria rappresenta un trattamento sanitario obbligatorio (TSO), e la condizione preliminare di legittimità è l’introduzione nell’ordinamento di una legge che ne consenta l’applicazione costituzionale, attestato che la stessa Corte Costituzionale – a certe condizioni – non considera il predetto obbligo vaccinale in contrasto con l’art. 32.
In mancanza, l’impiego di uno strumento come il green pass – a prescindere da qualunque giudizio etico-sanitario meramente personale – rimane non supportato da alcun tipo di decisione legislativa, e di conseguenza, da nessuna prospettiva di punibilità.
Sotto il profilo prettamente giuridico, la posizione del prof. Barbero è ineccepibile.
Dottore in giurisprudenza, praticante avvocato, scrittore a tempo perso.
È un piacere leggere articoli tecnici quando sono scritti in modo chiaro e diretto. Bravo!
…condivido perfettamente …specialmente se originato da una giovane mente….a giudicare dalla foto.Bravo!
Bravo! Molto tecnico ma al tempo stesso chiaro ed esaustivo!
Una voce giovane e preparata da forza alla autorevole posizione del prof Barbero. Condivido in pieno tutto quanto chiaramente esposto nell’articolo. Germana De Nicola