Giovanna d’Arco. Seconda parte: l’eroina e la ribelle

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Parte precedente:

Giovanna d’Arco. Prima parte: la pazza o la santa

Giovanna, l’eroina.

Giovanna era giunta in sella ad un cavallo, armata di spada e vestita da uomo, promettendo la vittoria contro gli inglesi e l’incoronazione rituale di Carlo di Valois a Reims, mossa dalle “voci” che solo lei sentiva, ma che ne alimentavano la ferrea decisione di andare contro ogni convenzione del tempo, creando non poco scompiglio tra i maggiori nobili che ancora parteggiavano per il delfino di Bourges.

Infatti, i consiglieri di Carlo di Valois presero ad avere dei seri dubbi sulla sanità mentale della ragazza: era troppo ribelle, troppo diversa dal canone femminile che era stato tramandato da tempo immemore. Inoltre, molti nella corte affermarono che tutti i sovrani d’Europa, e gli inglesi, avrebbero riso al sapere che i virili francesi erano tanto disperati da farsi guidare da una donna. Del resto, un re nel Medioevo doveva consultare ed ascoltare il proprio concilium composto dai nobili più potenti del regno, non farlo era considerato un gesto folle, oltre che foriero di violente rivolte. Non era, quindi, l’epoca dell’Assolutismo monarchico di qualche secolo dopo, ma un’epoca dove la decisione veniva condivisa tra i maggiori nobili di un regno e dove il re era un “primus inter pares”1.

Ma Carlo, nonostante i dubbi, la pensava diversamente e, per questo, l’aveva fatta esaminare dai migliori studiosi del regno e, pur non ricevendo conferme sulla missione divina, decise di affidarle un’armata. Infatti, vari consiglieri di Carlo, ritenevano che, vista la situazione disperata, c’era il bisogno di affidarsi a qualsiasi cosa. Inoltre, i soldati ed il popolo avevano iniziato ad ascoltare questa contadina analfabeta che parlava di una liberazione della Francia ormai prossima, di una missione “giusta” e di un destino regale per il Delfino2.

Quindi, il Delfino Carlo decise di affidarle un’armata, composta anche da volontari provenienti da tutta la Francia che avevano sentito della “Pucelle”. L’obiettivo militare affidato a Giovanna (anche se lei, formalmente, non ebbe alcun incarico militare) era la liberazione di Orléans: l’ultima città francese a resistere nella valle della Loria ed ultimo ostacolo all’invasione inglese della Francia ancora libera.

Giovanna non si perse d’animo ed, anzi, inviò una lettera aperta in cui chiedeva agli inglesi di lasciare Orléans e tutte le città ed i castelli nella valle della Loria, affermando, all’età di soli 17 anni:

“Restituite alla Pulzella, che è mandata da Dio, le chiavi di tutte le città da voi violate in Francia […] e tutti voi che siete davanti alla città d’Orléans, andatevene al vostro paese, in nome di Dio, e se non lo fate avrete notizie della Pulzella […] e sarà peggio per voi. Re d’Inghilterra, se non fate così, io sono capo di guerra e dovunque raggiungerò la vostra gente in Francia, li farò andar via, che lo vogliano o meno, e se non vogliono ubbidire li farò ammazzare tutti”

Giovanna d’Arco, Lettera aperta agli inglesi, 1429.

Gli inglesi, per la maggior parte, presero queste parole con derisione, ritenendo che fosse pazza, e questo era il pensiero tra i comandanti dell’armata inglesi. Risposero con un’altra lettera dicendo:

“Se prenderemo la ragazza la bruceremo, perché è solo una puttana ed è meglio che torni a guardare le vacche”

Nel campo inglese, comunque, una certa paura si diffuse tra le fila dei soldati, era un’epoca dove era ritenuto possibile che qualcuno potesse essere inviato da Dio, ma il pensiero ufficiale fu di derisione verso i francesi che avevano scelto di farsi guidare da una contadina ignorante e blasfema e che, soprattutto, avevano scelto di farsi guidare da una donna che fingeva di essere un uomo. Gli inglesi erano sicuri di avere la vittoria in pugno e di avere l’esercito migliore. Della battaglia se ne sarebbe parlato in tutta Europa.

Giovanna all’assedio di Orléans, quadro di Jules Eugène Lenepveu (1886-1890), esposto al Panthéon de Paris.

La Pulzella giunse davanti alla città assediata, i cui abitanti e soldati erano ormai senza viveri e senza collegamenti da settimane e sul punto di dover dichiarare la resa. Qui, dopo essere entrata nella città ed aver portato gli agognati rifornimenti, senza consultarsi con i comandanti del re, prese il comando delle truppe e guidò l’armata all’offensiva spronando le truppe dalla prima linea.

Giovanna, oltre al suo misticismo da amazzone, ebbe anche degli eccellenti compagni d’arme che la seguirono con un fervore quasi religioso sin dall’assedio di Orléans.

Qui, infatti, incontrò il suo futuro luogotenente Jean d’Orléans, detto il Bastardo d’Orléans quale titolo onorifico, che era il comandante delle truppe assediate. Egli insisteva che l’armata al comando della Pulzella entrasse subito in città via terra, ma la ragazza insistette ad usare le barche sul fiume per portare i rifornimenti, non appena il vento fosse diventato favorevole, il racconto dice che, dopo un violento alterco tra i due, il vento avesse cambiato direzione permettendo di seguire il piano di Giovanna3.

L’altro importante luogotenente di Giovanna era Étienne de Vignolles, detto “La Hire” per la violenza con cui combatteva. Egli, zoppo per una ferita di guerra, radunò le truppe che furono poste nelle mani di Giovanna d’Arco, conoscendo la ragazza nella lunga marcia dell’armata per salvare la città assediata. Sono, poi, da ricordare il Duca d’Alençon Giovanni, grande amico della Pulzella che spesso comandava le truppe insieme a lei, Arnaud Guillaume de Barbazan detto “Fiore della cavalleria” e Jean Poton de Xaintrailles. Molti di questi, anni dopo la morte di Giovanna, testimoniarono nel secondo processo di riabilitazione.

Alla fine, dopo giorni di intensi combattimenti e dopo che gli inglesi subirono la perdita di due dei loro maggiori comandanti, le forze del re d’Inghilterra furono costrette a ritirarsi da Orléans, aprendo la strada alla successiva Campagna della Loira, durante la quale Giovanna d’Arco guidò i francesi in un’inaspettata serie di vittorie militari contro i navigati comandanti inglesi. Tra questi vale la pena citare John Fastolf, uno dei migliori comandanti inglesi dell’epoca ed uno dei principali studiosi di teoria militare inglesi che, dopo la sconfitta alla Battaglia di Patay, per mano di Giovanna, divenne Falstaff, il soldato grasso, vanaglorioso ed ubriacone, dal sapore comico, ideato da Shakespeare4.

Falstaff e il suo paggio, di Adolf Schrödter

Dopo Patay la strada era spianata: numerose città, infatti, si arresero all’esercito reduce dalle vittorie sul fiume della Loira. L’obiettivo primario, dichiarato dalla stessa Giovanna d’Arco , era la città di Reims, la sede dell’incoronazione dei re di Francia da secoli. Fu, infatti, proprio la Pulzella d’Orléans ad accompagnare il delfino fino in città, guidando quello che fu chiamato “Esercito della Consacrazione” attraverso varie città francesi, che aprirono i loro cancelli all’armata.

Dopo essere giunti, finalmente, a Reims quasi senza colpo ferire, il 17 Luglio 1429 il delfino venne incoronato re di Francia con il nome di Carlo VII e questo evento fu davvero il culmine della missione di Giovanna, che aveva fatto riconoscere il proprio delfino quale legittimo sovrano di Francia, adempiendo agli ordini delle “voci”.

Giovanna, la ribelle.

Con l’incoronazione di Carlo VII sembrava che la missione fosse ormai sul punto di compiersi: gli inglesi erano nel disordine più totale ed i loro alleati, i borgognoni, cominciarono a ritirare le truppe verso i propri domini ed a cercare una tregua. La Francia di Giovanna volava sulle ali della vittoria appena 3 mesi dopo la vittoria ad Orléans, ribaltando le sorti di un conflitto che durava da quasi cent’anni. In segno di riconoscenza, il re nobilitò la famiglia di Giovanna e fece cavalieri i due fratelli che l’avevano accompagnata nel corso delle campagne militari verso gli inizi del 1430.

Però il re Carlo, insieme con la sua corte, ben consapevole dell’inaspettato colpo di fortuna che aveva fatto volgere a suo favore le sorti della guerra, non ritenne di dover rischiare ulteriormente, cominciando a congedare un certo numero di truppe dopo la consacrazione a Reims5. Giovanna stessa rimase a capo di una parte delle truppe reali, ma le fu ordinato di restare in attesa, al massimo impegnata in scontri minori.

Il re, nel settembre 1429, acconsentì soltanto alla proposta dei capitani di tentare di prendere Parigi, un assalto che costò caro ai francesi e la stessa Pulzella venne colpita da una freccia che le attraversò la coscia.

Lei stessa, dopo questa sconfitta ed i mesi in cui fu costretta all’inattività per via dello scioglimento dell’esercito reale, decise di lasciare la corte e, contravvenendo alle volontà del re Carlo VII, iniziò ad ingaggiare combattimenti con i contingenti anglo-borgognoni alla testa di truppe volontarie ed alcuni mercenari. Giovanna, alla guida di questo esercito, dopo che ebbe deciso di attaccare la città di Margny, fu costretta alla ritirata e cercò riparo dietro le mura di Compiègne, ma, mentre copriva la ritirata dei suoi uomini, il governatore della città diede ordine di chiudere le porte lasciando la Pulzella e pochi uomini da soli contro centinaia di nemici; lei stessa venne sbalzata da cavallo e catturata dai borgognoni agli ordini di Jean de Ligny. Il fedele Jaen d’Orléans non riuscì ad arrivare in tempo per salvare la sua compagna d’armi, nonostante fosse riuscito a radunare in fretta e furia un corpo d’armata6.

Giovanna d’Arco malata viene interrogata in prigione dal cardinale di Winchester, Paul Delaroche, olio su tela, 1824, Musée des beaux-arts, Rouen

Giovanna, dunque, fu fatta prigioniera e con lei c’erano il suo attendente, Jean d’Aulon, ed il fratello Pierre. La prigionia fu scontata cambiando spesso località, fino a che non fu deciso di tenerla separata dagli altri nel castello di Beaurevoir, dove venne trattata come una prigioniera d’alto rango, riuscendo, nel frattempo, a conquistarsi le simpatie delle dame del castello che avevano il suo stesso nome. Tra queste Jeanne de Luxembourg, zia di Jean de Luxembourg, minacciò di diseredare il nipote, se la ragazza fosse stata consegnata agli inglesi 7.

Infatti, poco dopo la morte di Jeanne de Luxembourg, il 18 settembre 1430, Pierre Cauchon, vescovo della diocesi dove era avvenuta la cattura, pagò il riscatto, a nome del re d’Inghilterra, a Jean de Luxembourg per poter prendere in consegna Giovanna e, contemporaneamente, rivendicò il proprio diritto a sottoporla ad un processo per eresia. Furono pagate diecimila lire tornesi, una cifra enorme, paragonabile a quella per il riscatto di un principe di sangue reale.

Ma, se il riscatto serviva a restituire la libertà, in questo caso la somma fu pagata per consegnarla agli inglesi, passando da un carceriere ad un altro. Alla fine, sei mesi dopo la sua cattura, Giovanna fu portata a Rouen per il processo.

Carlo VII, che doveva il trono proprio alla Pulzella d’Orléans, non fece alcuna mossa ufficiale per pagare il riscatto e trattarne la liberazione. Questo fatto rappresenta, ancora oggi, il punto controverso sul tradimento dei francesi nei confronti di Giovanna, ma, oltre questa interpretazione, sembra che Carlo VII avesse incaricato segretamente La Hire, che fu catturato, e poi Jean d’Orléans di liberare la prigioniera durante i vari spostamenti che ci furono all’inizio della sua prigionia, come proverebbero alcuni documenti, tra cui una ricevuta per 3.000 lire tornesi per una missione del Bastardo d’Orléans oltre la Senna, in una zona sotto controllo inglese. Di lui, infatti, gli storici perdono le tracce per due mesi nel 14318.

Sta di fatto che Giovanna fu tradotta a Rouen per il processo e qui la detenzione fu durissima: in una stretta cella e guardata a vista da cinque soldati inglesi, di cui tre nella sua stessa cella, era tenuta con i ceppi ai piedi e con le mani spesso legate.

Iniziava, per Giovanna, il lungo calvario che l’avrebbe portata alla morte.


Note

[1] Alessandro Barbero, Giovanna d’Arco o il coraggio di fare quello che alle donne è vietato. Parte delle Conferenze in streaming in collaborazione con Intesa-SanPaolo – Link

[2] Nota 1

[3] Giovanni Bogliolo, Giovanna d’Arco, Milano, RCS Libri, 2000

[4] Sir John Falstaff è presente nelle due parti dell’Enrico IV ed in Le allegre comari di Windsor, viene soltanto nominato in Enrico V. Tra i modelli di questo personaggio Pirgopolinice del Miles gloriosus di Plauto e Trasone dell’Eunuco di Terenzio, già archetipi dei soldati millantatori e spacconi.

[5] Nota 1

[6] Robert Garnier, Dunois le bâtard d’Orléans, Parigi, Éditions F. Lanore, 1999

[7] Franco Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera, Milano, Mondadori, 1999

[8] Nota 6 ed in Michel Caffin de Merouville, Le beau Dunois et son temps, Parigi, Nouvelles Éditions Latines, 2003

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