Durante le elezioni comunali si sarà potuto notare che, in molte città, i simboli di partito non ci sono o, se ci sono, sono diventati secondari negli ultimi anni.
Perché?
Potremmo dire che i partiti della vecchia generazione ( o Seconda Repubblica, se preferite) abbiano iniziato a giocare a nascondino con gli elettori, quasi come se provassero vergogna nel mostrarsi pubblicamente. Allora vediamo delle liste civiche dai nomi improbabili, oppure dal velato rimando al partito originale (Movimento per…, Noi per…, Cittadini per… e tanti altri che, a fare un elenco, rischierei di farmi linciare da chi mi legge ora), sono ben pochi i partiti, in poche aree, che corrono il rischio di farsi vedere con il loro simbolo in corsa primaria, e ancora non capisco se questo venga fatto per prendere in giro l’attenzione e l’intelligenza dei cittadini o soltanto per cercare di far dimenticare loro tutto il peso del lerciume che certi grandi nomi si portano addosso. Vorrei poter dire che il vento sta cambiando, ma il vento, già prima della pandemia che ha travolto le nostre esistenze, non è mai cambiato. Sono state fatte alcune cose, piccole purtroppo, che hanno dato una grande mano alle persone con maggiori difficoltà a mettere insieme il pranzo e la cena, ma non sono stati fatti passi in avanti verso una vera giustizia sociale.
In questi giorni, come anche poco prima del CoVid19, prevale negli elettori la paura e questa è una leva potente nelle mani del politico furbo, spietato e senza scrupoli. Di politici di questo genere ne abbiamo a centinaia, e non serve neanche distinguerli per appartenenza politica; ognuno di noi ha ben presente tanti fatti di cronaca, voci di corridoio e piccoli segreti che si porta dentro tra vissuto e sentito dire. E, quindi, dal Belpaese siamo diventati uno Sbandopaese, un paese buono per la fuga come cent’anni fa ed i motivi potrebbero essere tanti, ma fra tutti prevale questo incredibile dominio del, non meglio definito, concetto del liberistico mercato. Abbiamo privatizzato tutto, i nostri servizi essenziali sono concessi, dietro lauti pagamenti, da imprenditori che, volenti o nolenti, devono fare profitto e non la carità. Pensiamo all’acqua, il bene primario per eccellenza, la cui distribuzione è ormai appaltata, spesso, a ditte private che, con la scusa di non meglio precisati investimenti sulla rete idrica, caricano le nostre bollette a più non posso.
Allora, è lecito chiedersi da parte di noi tutti in che cosa abbiamo sbagliato e la risposta a questa domanda alberga nel cuore di ogni singolo elettore. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l’elettore è dotato dell’arma che spaventa di più i politici: il voto. Con l’organizzazione spontanea dei cittadini questo strumento diventa il martello con cui infrangere le situazioni che non ci piacciono, e questo i partiti lo sanno bene e sanno anche che nessuno, nel caso delle comunali e non solo, voterebbe i loro simboli. Questi vecchi partiti non compiono più la loro antica funzione: quella di farsi portatori delle voci dei cittadini. La classe politica è diventata autoreferenziale, instupidita dagli agi di Roma, mentre ben pochi politici vanno a stracciarsi le camicie per delle giuste cause e, invece, continuano a cercare di restare dove sono. Altri problemi e storture ci sarebbero, ma sarebbe da farci un trattato. Posso solo dire che si richiama ad un’Europa più sociale che, invece, hanno reso neoliberista, più democratica, mentre accetta l’Ungheria di Orban e la Polonia dei fratelli Kaczyński. I nostri politici sono il precipitato di qualcosa che non va bene a livello mondiale. Dunque, non chiedo dov’è l’Europa, perché lei c’è sempre, in ogni nostra legge; io chiedo se fosse questa l’Europa del Manifesto di Ventotene, dove si diceva:
emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita.
Se siete europeisti, miei lettori, allora avrete sicuramente riconosciuto il passaggio, in ogni caso sono circa quaranta pagine (quelle in italiano) che possono essere lette in poco tempo, ma che sono capaci di delineare un qualcosa che viene spesso richiamato dai politici nostrani: un’ “Europa diversa”, ma non nel senso che hanno dato questi politicanti, che mi sono permesso di citare, ma una società dove l’individuo non è il miserabile ingranaggio dell’immensa macchina consumistica (nella logica del Nasci-Lavora-Consuma-Lavora-Crepa), ma è libero, e non solo a parole. La libertà non può essere solo quella di scrivere questo articolo, di mettere commenti rabbiosi sotto dei post per sfogare la giusta rabbia di alcuni (altri dovrebbero semplicemente non commentare), senza poter mai veramente urlare, poter andare in giro col cane attorno l’isolato e poi andare a casa e vivere tormentati da mutui, debiti e altre sottili schiavitù che la finanza internazionale ci ha insegnato ad apprezzare.
Allora vi invito, amici miei, a guardarvi allo specchio in questi giorni e a chiedervi: è questo quello che voglio? Voglio continuare così?
Si, amici miei, vi dirò un segreto: non siete soli, l’impressione che avete di essere soli è dovuta all’alienazione che ci ha donato la società informatica ma non siete davvero soli, c’è un oceano che ribolle di rabbia intorno a voi ed i risultati delle ultime elezioni vi avranno sicuramente aperto gli occhi, un altro Sessantotto, un altro Autunno caldo o come vorrete chiamarlo non è così lontano, basta che s’innestino assieme poche condizioni, i nostri politici, quelli che giocano a nascondino coi simboli, non si sono accorti che stanno seduti sopra una bomba atomica, ancora non si rendono conto che a prendere in giro gli elettori stanno rischiando qualcosa di più della loro comoda poltrona a Roma nascondendosi da essi con improbabili liste civiche e “rinascite” e “conversioni sulla via di Damasco” (e non sto dicendo che costoro siano San Paolo, ci mancherebbe!).
Forse, ancora una volta, riusciranno a cavarsela, forse useranno Polizia ed Esercito per fare un massacro ma forse verranno travolti e se non questa volta alla prossima, non sottovalutate mai una marea di persone che non ce la fanno, anche in Francia fecero lo stesso errore.
Un saluto dall’ultima frontiera dell’umanità.