Referendum costituzionale, la scelta democratica: votare sì o no?

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Un inno alla democrazia. Comunque la si pensi su di essa, la riforma Fraccaro, o nota come riforma sul taglio dei parlamentari, è un meraviglioso inno alla democrazia. Oggi 21 settembre è l’ultima chiamata affinché noi tutti possiamo esprimerci sulla riforma costituzionale (alcuni anche sulle proprie amministrazioni regionali, vedi Campania e Puglia) mediante Referendum, quel meraviglioso strumento che ha il popolo italiano per esprimere le sue posizioni sui temi più scomodi ed i nodi più spinosi del proprio sistema democratico.
Si tratta di un referendum senza quorum, quindi non ha necessità di un numero minimo di votanti, vince la maggioranza. Chi c’è c’è, chi non c’è non si lamenti.


Un momento di gioia dicevamo, ma cosa votare? Sì al taglio che, come alcuni sostengono ridurrà le spese e garantirà una gestione della res publica più snella e funzionale, oppure No poiché, come dicono altri, si tratterebbe di un attentato alla democrazia rappresentativa creando un problema di rappresentanza e rappresentatività e rischiando dunque il pasticcio.
Chi ha ragione e chi ha torto?… ah, saperlo!

Con queste righe cercheremo di capire le motivazioni di entrambi le parti e tenteremo di spiegare i possibili risvolti sul piano democratico e costituzionale. Proviamo a rendere le idee più chiare. 


La Riforma Fraccaro consta di 4 articoli e prevede la modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione Italiana. I primi due articoli modificano gli attuali articoli 56 e 57 della Carta costituzionale, mentre gli articoli tre e quattro modificano alcune disposizioni e l’articolo 59 Cost.

All’articolo 56 della Costituzione che recita:
“La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”
Vengono aportate dalla riforma le seguenti modifiche :
a) al secondo comma, la parola: «seicentotrenta » è sostituita dalla seguente: « quattrocento » e la parola: «dodici » è sostituita dalla seguente: «otto»; b) al quarto comma, la parola: « seicentodiciotto» è sostituita dalla seguente: « centonovantadue ».


All’ articolo 57 della Costituzione che recita: “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno.La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti”
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la parola: «trecentoquindici» è sostituita dalla seguente: «duecento» e la parola: «sei» è sostituita dalla seguente: «quattro»; b) al terzo comma, dopo la parola: «Regione» sono inserite le seguenti: «o Provincia autonoma » e la parola: «sette» è sostituita dalla seguente: «tre»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».


All’articolo 59 della Costituzione che recita: “É senatore di diritto a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”
Viene modificato per quanto segue: 
il secondo comma è sostituito dal seguente: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiorea cinque».


Le disposizioni di cui agli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore.

Poche modifiche dunque, se si pensa ai precedenti tentativi di cambi costituzionali da parte prima di Berlusconi nel 2006 e poi Renzi con la riforma Boschi nel più recente 2016. Gli italiani in entrambe le occasioni hanno bocciato le riforme e le modifiche che sarebbero state attuate, giudicandole troppo rischiose o pasticciate. In entrambi i casi si accese un vivo dibattito che coinvolse politici, scrittori, artisti costistuzionalisti illistri e intelletuali vari. 


Ora questa riforma passa più in sordina rispetto alle altre, ma è un caso singolare, poiché tutte le forze politiche hanno approvato nei passaggi fondamentali la riforma, accompagnandola al referendum, ma solo una, il m5s promotore della stessa, sta facendo apertamente una campagna in favore del Sì. Di contro le altre o non si esprimono oppure palesemente dichiarano, al contrario di quanto fatto in parlamento, il proprio voto al No. Ma al di là dei giochi politici, i problemi ed opportunità legati alla riforma possono essere racchiusi in 3 macrotemi : Rappresentatività; Maggioranze Governative; garanzie ed equilibri costituzionali.


Passiamo ad analizzare, dunque, per prime le questioni del No. La principale contestazione del fronte del No riguarda il tema della rappresentatività. Attualmente l’Italia ha un rapporto di 1 eletto ogni 64mila persone, con 945 parlamentari eletti e 60, 4 milioni di abitanti. Al seguito della riforma Fraccaro, con 600 parlamentari eletti, il rapporto diventerebbe di un eletto ogni 101mila persone. 
In Europa avrebbero, quindi, una minor rappresentanza soltanto la Germania (1 su 117 mila), la Francia (1 su 116mila) e l’Olanda (1 su 115mila), mentre il Regno Unito avrebbe un rapporto molto simile (1 su 102mila). Questo per i fautori del No, non aumenterebbe l’aumento dell’efficienza del Parlamento, ma anzi significherebbe minor rappresentatività e quindi rappresentanza, e creerebbe un divario tra eletto ed elettore troppo forte, che potrebbe minare il fondamento stesso della democrazia, paventando anche il rischio che alcuni territori siano sotto-rappresentati, specie al Senato, che viene eletto su base regionale. Altro rischio per i contrari alla riforma è che nei collegi diventati più piccoli possano ottenere seggi solo i partiti più grandi, con tutti gli altri a rimanere esclusi, il che andrebbe sempre a sfavore della rappresentanza in Parlamento. Ciò minerebbe anche gli equilibri sul tutto il pano costituzionale (elezioni presidente della repubblica, il formarsi di maggioranze, le nomine del Parlamento).

Ora passiamo ad analizzare le ragioni del Si.
Due sono le motivazioni addotte dai promotori della riforma:Il primo è la riduzione dei costi della politica, grazie al taglio dei parlamentari. Il risparmio effettivo sarebbe di 285 milioni a legislatura o 57 milioni annui, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana. Anche se per gli esponenti del taglio dei parlamentari sarà molto più ingente sul piano dei costi, garantirà un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.
Ma al di là di ciò che sostengono i promotori , gli effetti di una possibile vittoria del Si potrebbero esser molto più incisivi di una “semplice” riduzione dei “costi della politica “.
I piani principali di interessamento sono essenzialmente tre:La questione della iper-rappresentanza, le variazione delle maggioranze e , secondo i sostenitori del si, una maggiore efficienza nei lavori parlamentari, con una riduzione dei tempi di discussione e delle polemiche, e Camere più snelle ed efficienti.


Come è evidente, ambedue le posizioni hanno le loro ragioni, ma tutto ciò dipende a gran voce dalla legge elettorale che si adotterà. 
Su quella poggia tutta la credibilità e funzionalità della riforma. Un paese normale non cambia legge elettorale ogni 5 anni, e l’Italia è un paese in cui sulle ultime tre leggi elettorali (tre in circa 10 anni) due sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale: il Porcellum e l’Italicum, e se si considerano alcuni punti del Rosatellum, ultima legge elettorale che deve il suo nome al suo promotore Ettore Rosato, possiamo anche dire due e mezzo.

Il grande rischio di questa riforma non è in sé il taglio, ma il fatto che non si sia deciso prima la legge elettorale da adottare.
Attualmente i partiti sono in aperta discussione su due punti principali: grandezza dei collegi e metodo di votazione, preferenze, collegi uninominali, listino bloccato. Dalla discussione sembrano esclusi i collegi e lasciati aperte le possibilità di preferenze e listini; entrambi presentano rischi.

Una legge elettorale forte con Preferenze o Listini corti (3 persone), insieme alla regolamentazione dei collegi in modo totalmente condiviso tra tutti i partiti, assieme ad alcuni meccanismi quali la proporzionalità della legge, potrebbe far evolvere l’Italia e portarla ai livelli degli altri paesi europei. Tuttavia una legge elettorale pasticciata, confusa o addirittura incostituzionale farebbe piombare tutto nel caos.


Si tratta di una scommessa, dunque. Con la sola Corte costituzionale, che può e deve assumere la funzione di arbitro sui lavori, per garantire che leggi porcellum non vengano mai attuate nelle prossime elezioni. 
Per cui una scommessa. Una scommessa che noi rimandiamo al lettore. Votare Si o votare No può essere tradotto con il detto “il Gioco vale la candela?”. A voi l’ardua risposta, che non può che essere intima e personale. 
Fondamentale è andare a votare. È una questione di tutti.

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