Com’è noto, La Carta di Treviso è un protocollo firmato nel 1990 dall’Ordine dei Giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana e da Telefono Azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra stampa e infanzia. Alla base, il principio di difendere identità, personalità e diritti dei minorenni vittime o colpevoli di reati, o comunque coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne l’armonioso sviluppo psichico. Dal 2016 è parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista».
Tutto questo evidentemente il giornaletto Gente non lo sa. Per tale motivo, il direttore Monica Mosca permette la pubblicazione del lato B della figlia tredicenne di Ilary Blasi, la nota showgirl, soffermandosi su quanto sia bello e simile a quello della madre, pixellando però il suo viso perché, dai, si tratta comunque di una minore, eh.
Dall’altra parte dell’Italia invece, più specificamente a Venezia, viene utilizzata l’immagine di una bambina in mutandine come sponsor della Biennale di Venezia. L’immagine è stata presa da uno dei film in concorso, Le sorelle Macaluso di Emma Dante, opera che vuole mostrare la leggerezza e la purezza del corpo. La regista, assieme alla graphic del poster, teneva quindi al sacrificio della piccola bambina, alla mercé del popolo del mercato. Sky TG24 commenta l’evento con “Il Festival è Donna“.
Netflix, invece, sulla scia del ciclone del twerk, programma la prossima serie tv in uscita: Cuties, film drammatico, che dovrebbe denunciare il fenomeno della sessualizzazione delle bambine, descrivendolo in modo allusivo con le sembianze di una 11enne che esplora la sua femminilità twerkando – ballo con movimenti sexy del bacino – con immagine di ragazzine provocanti annessa.
Sarebbe tutto molto bello, se solo vivessimo in un ecosistema che rispetta il corpo e non fa di quest’ultimo un oggetto di misurazione di perfezione e grandezza, ma purtroppo non è così. L’Italia non scappa da questa critica, e si definisce in questo caso un paese che commercializza l’immagine di minori a discapito della loro incolumità, facendolo passare per normalità.
È vero, è comune vedere delle bambine in mutandine come al mare quanto in piscina, come è normale poter avere la libertà di esprimere la propria idea sotto forma di arte. Ciò che è sbagliato è il modo utilizzato per poter comunicare determinati messaggi che diventano, immediatamente, fraintendibili.
Alla visione di queste immagini, mi tornano i mente dei semplici concetti al tempo stesso aberranti.
Primo fra tutti è il fatto che, nonostante viviamo nell’epoca magica del duemilaventi, in realtà siamo davvero molto indietro. Ah, se solo con uno schiocco di dita potessimo tornare all’Antica Grecia, mondo nel quale il corpo femminile era davvero spunto di poesia e racconti, messaggi sublimi e profondi, corpi che nessuno avrebbe pensato mai di deturpare a proprio piacimento e modellamento.
Secondo, è che oramai abbiamo compreso più o meno tutti le regole spicciole della comunicazione e del marketing. Per tenere attiva l’attenzione del nostro telespettatore, bisogna cambiare stile, cambiare colore, cambiare modella. Purtroppo questo non giustifica l’idea innovativa che hanno avuto i nostri esperti nel voler sacrificare delle minori per tener attivo il testoste.. scusate, l’attenzione del pubblico. Che cosa voleva dire, la purezza del corpo? Ah sì sì, ho pensato proprio a quella.
E questo ci porta al punto tre.
Ancora una volta, il corpo femminile diventa una foto attaccata alle pareti di qualcuno. Ancora una volta, il mio corpo è un messaggio che non ho deciso di dare, che qualcun’altro ha scelto di scrivere usando i miei fianchi e il mio viso. Ancora una volta si prende una forma, la si modella e la si getta nel gregge, facendone ciò che si vuole, diventando ella ciò che non vuole. La decisione di utilizzare delle minori ci fa capire quanto sia fondamentale avere una certa consapevolezza sulle proprie scelte, poiché loro non ne dispongono, essendo troppo piccole per comprendere e conoscere determinate dinamiche insite nella società, nella sua comunicazione, nel commercio. Nella fine della donna. Non vi è un’educazione sociale tale da poter contemplare quanto sia sottile il filo che passa tra il mezzo di comunicazione ed il suo significato, non vi è un’educazione sessuale adeguata da poter comprendere la potenza del corpo e del desiderio, quanto sia potente il messaggio, quando è un corpo nudo e puro ad esprimerlo, ma molto spesso questo passa in secondo piano. Le pupille si dilatano alla vista di qualcosa di magnifico, eppure la morale diventa tutt’altra e il nostro telespettatore lo sa, ma lo sa anche il nostro scrittore: per cui diventa davvero inutile vendere la Bibbia in topless.
Certo, il messaggio è potente, ma a che prezzo? Non stiamo parlando di una ragazza che sceglie di diventare una modella, o di una semplice foto postata sui social. No. Stiamo parlando di una minore che espone un messaggio di cui non è consapevole a pieno attraverso il suo corpo in tutto il mondo: un messaggio non compreso, con un mezzo scelto da qualcun’altro consapevole, attenzione, che questo stesso mezzo tramuterà del tutto il significante.
Ma perché tutto questo allora, perché scegliere una donna, perché una bambina?
Ed è qui si abbatte l’arca di Noè, casca il Muro di Berlino, e il significante questa volta diviene talmente oggettivo e impuro, che sì, assolutamente sì, siamo nel duemilaventi, ma siamo davvero, davvero molto indietro.
Napoli, 24 anni, laureanda in Servizio Sociale. Teatro, musica, cinema, bud's e diritti umani.