Ci hanno chiesto di indossare una mascherina e dei guanti protettivi, l’abbiamo fatto. Ci hanno chiesto di limitare le nostre uscite, e l’abbiamo fatto. Alla fine ci hanno chiesto di restare in casa, e abbiamo fatto anche questo.
Da quando è esplosa la pandemia, restare in casa è stata la scelta più semplice per tutti e la strategia più consona da utilizzare per cercare di evitare il contagio e, soprattutto, il sovraffollamento delle terapie intensive, di certo non pronte per affrontare una catastrofe di tali dimensioni.
Eppure, come tutte le scelte, anche questa volta abbiamo dovuto sacrificare qualcosa.
C’è chi ha perso il lavoro, chi tentenna per arrivare sereno a fine mese con quei 600 euro che riesce, tra una connessione Internet e l’altra, a farsi mandare dal sito dell’INPS.
C’è chi una casa non ce l’ha – insomma dove vado, dove resto, se non sono presente stabilmente neanche nella mia mente?
C’è chi ha una casa invece ce l’ha, eppure, non è al sicuro neanche lì anzi, è proprio da lì che dovrebbe scappare. Con l’isolamento forzato tra le mura domestiche, mentre il nostro Pianeta iniziava a respirare – respirare per davvero dopo secoli – a qualcuno il respiro veniva interrotto. Per sempre.
94 sono le donne uccise negli ultimi dieci mesi in Italia, 10 soltanto nel mese di marzo, quando il famoso lockdown ha avuto inizio. Il coronavirus, infatti, sembra mietere vittime non soltanto da chi lo assimila nel proprio organismo, ma anche da chi fa di tutto per evitarlo restando in casa, tra quelle mura che mentre per il resto del mondo sembrerebbero essere rifugio, conforto, amore, per qualcun altro diventano mura, e nient’altro.
Sono più di 870 le donne che in pochi giorni – tra cui Parlamentari, Assessori, Consigliere comunali – hanno firmato un appello segnalando il crescente numero di casi di violenza domestica durante la quarantena, un appello che è stato preso con molta serietà anche da parte del Ministro della famiglia Elena Bonetti e il Sottosegretario dell’editoria Andrea Martella.
1522 è il servizio pubblico istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento delle Pari Opportunità, direttamente collegato ai centri antiviolenza e anti-stalking, che proprio ad aprile ha raggiunto il picco massimo di telefonate.
Tuttavia, anche quella che sembrerebbe essere la telefonata di salvezza rischia di diventare fatale, quando il male è a pochi metri di distanza e potrebbe aver ascoltato tutto.
Staffetta Democratica, un gruppo di attiviste, in queste ore sta fornendo gli strumenti più disparati per soccorrere ed aiutare quelle donne che, in questi giorni, non possono far altro che sperare che qualcuno arrivi al più presto nel proprio domicilio, e non per un tampone.
“Per favore, una mascherina 1522”, sono le parole in codice da utilizzare presso il proprio farmacista per potersi dichiarare vittima di un imminente pericolo, lontani dal proprio carnefice.
Sembra assurdo e paradossale che in un periodo come questo, in cui la solidarietà e l’amore per il prossimo stanno passando confini oltremodo inimmaginabili per il ventunesimo secolo, c’è qualcuno che ancora non è al sicuro, qualcuno che viene ancora dimenticato.
Se dovessimo pensare alla quarantena come un’opportunità per fermare tutto, tagliare le erbacce che nella nostra vita non ci fanno più del bene, prendere decisioni importanti e rivoluzionare noi stessi, allora sapremmo di star vivendo un momento speciale per la nostra umanità. Magari questa è la volta buona in cui tutti i fantasmi nei nostri cassetti dimenticati smetteranno finalmente di esistere, e pianteremo fiori nelle nostre menti. Sono sicura che siamo arrivati – o stiamo arrivando – ad un punto in cui non dobbiamo più fingere di star bene in questa sospensione della vita. Magari arriverà il momento in cui le persone poseranno finalmente le maschere e inizieranno a discutere con i loro mostri, smetteranno di essere chi non sono mai stati e mai saranno. Magari succederanno delle rivoluzioni nelle nostre piccole vite.
Ameremo più forte, decideremo con più costanza, desidereremo con più ardore e faremo di tutto per prenderci quello che vogliamo, senza doverci più accontentare. Faremo qualsiasi cosa, affinché non ci venga tolto più nulla. Soprattutto, smetteremo di fingere che nulla ci spezza, che stiamo bene, e accetteremo il fatto di non essere immortali, di non essere supereroi.
Purtroppo nessuno di noi, tra istituzioni e cittadini, è pronto per supporre una data di fine ad un male del genere. Di certo un’educazione ai sentimenti, come ci racconta Umberto Galimberti, filosofo, psicanalista, sociologo e docente, spianerebbe la strada per una crescita più equilibrata e armoniosa per l’essere umano, ma, come tutti i cambiamenti, bisogna accoglierli e ascoltarli, affinché tutti – nessuno escluso – possiamo dire di aver fatto qualsiasi cosa in nostro potere, per porre fine al marcio che questa società non può più permettersi di farsi carico.
Vasco Brondi dice “È un super potere essere vulnerabili”. Noi, per adesso, diciamo “Per favore, una mascherina 1522”.
Napoli, 24 anni, laureanda in Servizio Sociale. Teatro, musica, cinema, bud's e diritti umani.